
Si riaprono le pagine del dolore per i parenti delle tre vittime lodigiane e per tutti i famigliari dei 140 passeggeri che si trovavano a bordo del Moby Prince quel maledetto 10 aprile del 1991. La motonave della Navarma si schiantò contro una petroliera, davanti al porto di Livorno. Una tragedia dalla portata devastante. Fabio e Davide, ai tempi, avevano 12 e 7 anni. Sul Moby Prince, c’era anche il loro papà, Gabriele Molaro, di Sant’Angelo e i due sposini di Lodi, in viaggio di nozze, Diego Cesari e Anna Defendenti.
Ieri i due ragazzi e tutti i parenti hanno partecipato numerosi alla annuale commemorazione al porto di Livorno. Dopo 25 anni i famigliari dei 3 lodigiani sono ancora in attesa di capire cosa sia realmente successo a bordo del Moby Prince. Non è chiaro, infatti, quanto tempo i passeggeri abbiano aspettato l’arrivo degli aiuti.
«Se venisse comprovato che i soccorsi hanno determinato la morte delle persone - ha detto Sergio Lai, esponente del Pd e presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul Moby Prince intervistato da Raffaella Calandra a “Storiacce”, su Radio 24 -, cambierebbe totalmente il quadro probatorio e cambierebbe anche l’effetto giudiziario, in maniera piuttosto evidente, anche superando i limiti del tempo. Ovviamente questo va provato e noi siamo impegnati a verificare se le prove che sono ancora disponibili, riviste con le nuove tecnologie, sono in grado di dare questa prova definitiva. Se ci fosse sarebbe davvero molto grave ciò che è avvenuto. Se la Commissione parlamentare d’inchiesta rileverà dei fatti che determinano la nuova lettura della situazione, a quel punto saranno i magistrati a poter raccogliere questi elementi e a considerarli come elementi sui quali verificare se ci sono delle notizie di reato». Lai ha promesso: «Procederemo con ulteriori perizie a partire dai dati che fanno parte degli archivi giudiziari e con la nostra nuova perizia pensiamo di poter mettere la parola fine ai dubbi sulla sopravvivenza - ha aggiunto -. Temiamo che per molto tempo i passeggeri e l’equipaggio di quella nave abbiano avuto la percezione di quello che stava avvenendo e fossero in attesa dei soccorsi. Se questo venisse provato dalle nuove indagini significherebbe anche rivedere del tutto quella che è stata l’azione dell’equipaggio del Moby Prince che nella sentenza viene giudicato come sopraffatto dagli eventi; se venisse, invece, provata la sopravvivenza lunga da parte delle persone, sarebbe stato un equipaggio che dovremmo definire eroico».
«Questa versione è sempre circolata - commenta Davide Molaro, in coda per entrare alla commemorazione nel municipio di Livorno -. Erano state riscontrate delle discordanze, infatti, sulle perizie e sulla presenza di CO2 nei polmoni di alcune vittime. Si tratta di fare una cronologia degli eventi, non si è ancora capito come siano avvenuti i fatti». Sapere «non ci restituisce le persone», commenta il figlio di Molaro, ma restituisce il bisogno di verità. «È fastidioso - commenta - non sapere cosa sia accaduto in realtà. I fatti sono andati in prescrizione, ma c’è un alone di mistero sull’accaduto che non aiuta i parenti delle vittime a essere più sereni. La mancanza di sicurezza e di soccorsi sono sempre stati i due temi al centro del dibattito, in questi anni. Speriamo che la commissione d’inchiesta faccia luce su tutto».
Come ogni 10 aprile i parenti dei 3 lodigiani ieri hanno sfilato in corteo fino al porto di Livorno, per sempre segnato dalla terribile tragedia. Poi, mentre venivano letti i nomi delle 140 vittime, i famigliari hanno affidato al mare il loro fiore.
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