Sindaco dal 2006 a Borgo San Giovanni con il piglio di chi non ha mai disdegnato l’appellativo di “sceriffo”. Dal 2004 è anche consigliere provinciale, prima capogruppo del Pdl, ora alla guida del gruppo misto, dopo lo strappo con il partito e l’adesione alla nuova formazione politica Fratelli d’Italia - centrodestra nazionale. Per Nicola Buonsante è arrivato il momento del “salto” in direzione Roma con la candidatura al Senato, in lista alla posizione 27. Nato a Bari, classe 1957, Buonsante si è trasferito nel Lodigiano nel 1991. La passione politica lo ha portato a militare prima nel Partito socialista, dal 1978, per poi passare a Forza Italia e successivamente al Pdl, fino ai recenti sviluppi. È anche presidente della commissione provinciale antimafia.
Per lungo tempo è stato un esponente di spicco del Pdl provinciale. Quali sono le ragioni alla base della rottura?
«Si tratta di una scelta che non viene dal nulla e che è stata condivisa da altri consiglieri provinciali. Ufficialmente se ne parlerà nella prossima seduta del 7 febbraio, ma le frizioni c’erano e da molto tempo. Mancava un dialogo vero con la presidenza del consiglio e con il coordinamento provinciale. All’interno del partito non c’era più democrazia interna e nemmeno correttezza, perché su molte scelte il coordinamento decideva in autonomia per poi presentarle come atto dovuto. Faccio politica dagli anni Ottanta e so benissimo che nei congressi c’è chi vince e c’è chi perde; chi vince, però, dovrebbe avere la responsabilità di tenere unito il partito, cosa che qui nel Lodigiano non è avvenuta. Perché il partito non c’era, come non è stato presente in Regione Lombardia».
Qual è la forza della formazione politica a cui ha aderito Fratelli d’Italia?
«Sono i politici che hanno contatti reali con la gente comune, persone impegnate che non perdono di vista il territorio. Questa è la differenza con i molti candidati del Pdl, “paracadutati” nel Lodigiano in questi anni e mai visti per le strade, a sentire le esigenze degli amministratori. A influire è certamente la legge elettorale, per la cui modificaè necessario un impegno serio da parte dei parlamentari».
Che impegni si assume per il territorio?
«Noi non abbiamo un’agenda, ma una valigia di proposte, piena di quello che la gente ci ha detto in questi mesi. In primis per la situazione delle imprese, perché la situazione del Lodigiano è inaccettabile. Va ridotta la pressione fiscale e bisogna incentivare con qualsiasi mezzo la creazione di nuovi posti di lavoro. E a un assessore provinciale che dice di aver portato soldi per la formazione, come se questo fosse sufficiente, dico che ci vogliono nuove realtà produttive e degli incentivi perché scelgano il Lodigiano. In questa corsa per creare occupazione bisogna anche sperimentare nuove forme di dialogo con le parti sociali, nella convinzione che avere opportunità di lavoro in più per i giovani sia interesse di tutti. L’altro errore è l’inserimento del patto di stabilità anche per i Comuni sotto i 5 mila abitanti; una scelta sciagurata perché blocca una parte di economia pubblica che dà lavoro alle imprese. Bisogna poi inserire tempi più certi per il pagamento dei fornitori degli enti pubblici».
La questione che non si può rimandare?
«La riduzione dei costi della politica va assolutamente affrontata. In una festa a Lodi, qualche tempo fa, feci presente come unex parlamentare lodigiano prendeva 7 mila euro di pensione, rispetto ai 400 di una signora anziana. Ecco questo non deve più accadere. Chi fa il parlamentare, poi, deve accantonare momentaneamente la propria professione. Non devono più esserci intrallazzatori».
Come ha intenzione di mantenere il rapporto con il Lodigiano?
«Programmando una rete di incontri periodici sul territorio, facendo quello che tutti i parlamentari della Prima Repubblica facevano».
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