«Non vogliamo un Lodigiano senza Provincia». Hanno utilizzato parole diverse, gli esponenti del consiglio provinciale di Lodi che ieri si sono riuniti per un’assemblea aperta al pubblico, ma il significato è per (quasi) tutti lo stesso. In aula è stato approvato l’ordine del giorno proposto dall’Upi, l’Unione delle Province d’Italia, per evitare che il decreto varato dal governo Monti spazzi via gli enti locali intermedi: 16 i voti favorevoli, solo due consiglieri non hanno sostenuto il documento, si tratta di Giacomo Arcaini dell’Udc e di Vincenzo Romaniello dell’Italia dei valori.
Il provvedimento dice “no” all’Italia senza Province, per almeno quattro motivi: perché ci sarebbero meno garanzie democratiche, verrebbero garantite meno opportunità a chi è più debole, perché diminuirebbe l’identità locale fatta di storia e di cultura e perché le istituzioni si allontanerebbero dai cittadini. L’assemblea chiede ai parlamentari del territorio di intraprendere iniziative per difendere le istituzioni, allo stesso tempo si aspetta che anche le forze economiche e sociali si mobilitino affinché non venga a mancare un punto di riferimento nel Lodigiano. Anche i cittadini, le associazioni e il mondo della cultura sono chiamati in causa, per loro è arrivato il momento di esprimere l’amore verso il territorio, «opponendosi all’abolizione e allo svuotamento delle Province».
Il documento è passato con alcune modifiche, in particolare è scomparsa dal testo l’ipotesi di un accorpamento tra Province. Allo stesso tempo ha subito una correzione la parte che riguarda i sindacati, i quali hanno sottolineato di essere sempre pronti a “dare battaglia” per salvaguardare i posti di lavoro.
Il consiglio provinciale si è aperto con la lettura da parte dell’assessore all’ambiente Elena Maiocchi di un brano di Cècu, il cantastorie Antonio Ferrari, scomparso la scorsa settimana; l’assemblea ha osservato poi un minuto di silenzio per ricordare la morte del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
I capigruppo hanno poi preso la parola per commentare l’ordine del giorno. Nicola Buonsante del Pdl ha definito l’abolizione delle Province come l’ennesima farsa per diminuire i costi della politica, «quando la casta romana non è stata ancora toccata», inoltre ha espresso preoccupazione per la sorte dei dipendenti, «dovranno andare incontro a molti problemi, senza sapere dove lavorare».
Mauro Soldati del Pd ha sottolineato che la situazione è destinata a cambiare ma è necessario accettare la sfida e ridisegnare l’architettura istituzionale del Paese: «Una riforma è ineludibile, eppure non si può prescindere dal livello intermedio tra comuni e regioni. Questo territorio ha beneficiato della Provincia di Lodi, come dimostrano le risorse investite, bisogna spingere sulle competenze dell’ente». Soldati ritiene che ci saranno ricadute sui lavoratori, un aspetto da tenere ben in considerazione.
Alfredo Ferrari (Lega nord) ha ricordato i servizi di cui hanno potuto beneficiare i lodigiani in questi 15 anni e si è concentrato sul tema delle risorse: «Il nostro è un ente virtuoso, è assurdo avere 25 milioni di euro in cassa e non poterli spendere, anzi, siamo costretti a indebitarci».
Mario Rocca della lista civica “Insieme per il Lodigiano” cita tra i rischi dell’abolizione delle Province l’allontanamento dei cittadini dalla politica, mentre Giulia Acquistapace della lista civica “Felissari presidente” si è chiesta come fare per coinvolgere i cittadini alla politica: «Forse ci siamo dimenticati di insegnare alle persone quanto la Provincia abbia un ruolo fondamentale».
Le due voci “fuori dal coro”, Arcaini e Romaniello, hanno spiegato come mai hanno deciso di non approvare l’ordine del giorno. Per Romaniello dell’Idv «solo con una riforma organica si potrà affrontare seriamente il tema dei costi e delle caste, un processo che sarebbe dovuto partire da Roma, la proposta di Monti è insufficiente». L’Idv ribadisce l’importanza della lotta agli sprechi, l’Udc di Arcaini pensa sia necessario un confronto molto più ampio per raggiungere una compiuta razionalizzazione. «Condividiamo in parte l’ordine del giorno - ha detto Arcaini -, ma siamo schierati a favore di un riordino della macchina dello Stato ormai obsoleta e siamo disposti a valutare senza tabù ogni suo “componente”».
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