I sindaci lodigiani lanciano lo sguardo verso il Torrazzo: la maggior parte, 19 per la precisione, vorrebbe infatti finire sotto l’ala di Cremona. Al secondo posto, con un distacco di soli 4 voti, c’è Pavia: sono 15 i primi cittadini che sposerebbero volentieri la terra lombarda del riso. In 9, invece, tornerebbero a convivere con la metropoli meneghina, abbandonata nel 1995 per la Provincia di Lodi.
Sono i primi risultati del sondaggio realizzato dal «Cittadino» per scoprire cosa desiderano i 61 sindaci dei Comuni destinati a perdere per sempre palazzo San Cristoforo per effetto del decreto del governo Monti battezzato “spending review”. Non tutti hanno deciso di rispondere alla domanda, sebbene si trattasse solo di un parere personale; 15 sindaci hanno preferito evitare di scegliere una delle opzioni, in molti aspettano di poter leggere una volta per tutte il testo definitivo della legge.
Al momento, Lodi potrebbe unirsi a Pavia oppure a Cremona, anche se la città del Torrazzo potrebbe a sua volta legarsi a Mantova. L’ipotesi milanese non sembra al momento plausibile, l’area metropolitana non può infatti ampliarsi: una regola che alcuni sindaci si augurano possa essere cancellata in fase di discussione.
Solamente tre primi cittadini hanno superato i confini lombardi per spingersi in Emilia Romagna: Flavio Parmesani di Casale, Massimiliano Lodigiani di Santo Stefano e Giuseppe Ravera di San Rocco sceglierebbero infatti Piacenza.
Il consigliere regionale Pd, Fabrizio Santantonio, sembra invece essere orientato verso Crema, una possibilità di cui si sente spesso parlare. «Io penso che sarebbe giusto stabilire che in Lombardia occorre ridurre le Province a un numero deciso a livello nazionale - afferma il consigliere -, per esempio da dodici a nove, oppure otto, lasciando al territorio la possibilità di decidere. Personalmente credo che i territori di Lodi e di Crema potrebbero essere proficuamente riuniti fino a formare una Provincia con una popolazione superiore alla soglia di 350mila abitanti, indicata dal testo del decreto. Il medesimo ragionamento potrebbe essere applicato su altri territori socialmente ed economicamente omogenei, che potrebbero essere accorpati». Ieri Santantonio è intervenuto per criticare il “salvataggio” di Isernia, Terni e Matera grazie a un emendamento approvato in commissione bilancio al Senato, presentato con firme di esponenti di Pd e Pdl. Una decisione che ha fatto molto discutere.
L’incertezza sul futuro valica i confini del Lodigiano e si ferma in collina. San Colombano, che fa parte della Provincia di Milano ma ha un legame molto stretto con i cittadini dell’Adda, non sa che fine farà. Il sindaco Gigi Panigada preferirebbe la metropoli meneghina, perché Pavia ha già un territorio molto esteso che rischierebbe di diventare troppo eterogeneo. «Piuttosto, allora, meglio pensare all’ipotesi che comprende Lodi, Crema e Sudmilano».
Tra gli amministratori, c’è poi una voce fuori dal coro. È quella di Roberto Depoli, primo cittadino di Terranova, il quale cancellerebbe in un colpo solo tutte le Province: «Dovrebbero essere abolite, le competenze potrebbero così passare alle Regioni o ai Comuni». Una strada, quella dell’abolizione totale delle Province, evocata diverse volte anche prima del governo Monti. Ma che oggi sembra essere stata definitivamente abbandonata.
I sindaci lodigiani lanciano lo sguardo verso il Torrazzo: la maggior parte, 19 per la precisione, vede infatti nell’accorpamento con Cremona la soluzione migliore per il futuro della Provincia. Al secondo posto, con un distacco di soli 4 voti, c’è Pavia: sono 15 i primi cittadini che sposerebbero volentieri la terra lombarda del riso. In 9, invece, tornerebbero a convivere con la metropoli meneghina, abbandonata nel 1995 per fondare la Provincia di Lodi
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