Gentile Direttore, innanzitutto, grazie per la “copertura” assicurata da codesto autorevole quotidiano alla manifestazione del 17 marzo u.s., celebrativa del 153° anniversario dell’Unità d’Italia. L’auditorium messo a disposizione dalla Banca Popolare di Lodi - che qui di nuovo ringrazio, unitamente a quella Fondazione e a quanti altri hanno collaborato attivamente all’evento – era strapieno. Mi si è letteralmente allargato il cuore nel vedere i tantissimi ragazzi presenti. D’altra parte, la rappresentazione era rivolta e dedicata principalmente a loro. Siamo stati veramente in tanti, insieme, istituzioni, espressioni della società civile, come probabilmente non accadeva da tempo, stando almeno a quanto mi è stato riferito. Pure a questo servono le Prefetture, a custodire e alimentare il senso di appartenenza a una medesima comunità. Interviste immaginarie ai protagonisti dell’epoca, brani operistici del tempo, inserti di contestualizzazione storica di quel fatidico 17 marzo 1861: questo il cocktail immaginato e realizzato per “tuffare” i ragazzi di oggi, e non solo, nelle atmosfere risorgimentali quando per amor di Patria, insieme a tanti altri cittadini, moltissimi loro coetanei non esitarono a salire sulle barricate e a donare persino le loro acerbe vite. E poi l’ingresso della Bandiera nazionale accompagnata da un picchetto delle Forze di polizia, la consegna delle onorificenze dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, infine l’Inno nazionale cantato a squarciagola. Quanti sentimenti, quante lacrime di sincera commozione ho intravvisto sui volti di giovani e meno giovani. Chissà, allora si è riusciti a colpire nel segno. D’altra parte, si voleva essere non “noiosamente” rituali e liturgici. Io stesso mi sono rivolto a tutti non, per quanto sentito, con un forse verboso discorso di circostanza. Ho preferito un altro mezzo di comunicazione, ritenuto assai più adatto alla circostanza: una canzone, una semplice canzone sul Tricolore. Una canzone cantata a mezza voce da me, massimo rappresentante del Governo nazionale sul territorio, a un bimbo, simbolo delle nuove generazioni, così intendendo a esse trasmettere idealmente testimone e valori di un popolo intero. È stato l’ulteriore contributo che ho desiderato dare in prima persona, proponendomi senza la consueta “feluca” in testa, ma con indosso i panni della gente comune e con il linguaggio immediato e comprensibile di tutti i giorni. E ricevendo in risposta un affettuosissimo e calorosissimo saluto da tutti i presenti, che per sempre rimarrà impresso nell’album delle mie emozioni. Grazie ancora. Grazie anche per questo.
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