Vorrei approfittare di questo spazio, concessomi per ricordare la figura carismatica del “nostro” Don Vittorio Soldati, scomparso di recente. Dei suoi quarantadue anni trascorsi nel nostro paese rimarranno per sempre l’amore e l’impegno minuzioso con cui si è dedicato interamente alla valorizzazione dell’Abbazia, pur precisando sempre che prima di essere un patrimonio artistico - culturale è la casa di Gesù. In merito a ciò mi riecheggia ancora nella mente una sua frase abituale, ripetuta più volte ai turisti: «L’Abbazia l’è la cà del Signur, no an museo». È innegabile che Don Vittorio avesse un carattere molto forte e a tratti burbero che lo ha, spesso, portato a scontrarsi con molti cittadini di Abbadia Cerreto, me compreso. È indubbio, però, che il nostro parroco, mi piace chiamarlo così ancora una volta, ci ha lasciato in eredità un grande insegnamento: l’amore per la vita e per la sua missione. Negli ultimi anni, infatti, nonostante il terribile male che lo affliggeva, non ha mai smesso di combattere, aggrappandosi alla vita con tutte le sue forze, senza mai rinunciare alla sua vocazione. Ci tengo a citare il messaggio di speranza ed incoraggiamento trasmesso da Don Vittorio nelle sue ultime omelie, perché possa infondere coraggio nei cuori di chi è in stato di sofferenza e, soprattutto, in quelli dei giovani: “Quale eredità lasciare al Prossimo? L’Amore per la vita che non finisce qui su questa terra”. Concludo con una bella riflessione del caro Don Vittorio che sono certo da lassù egli apprezzerà io ripropongo. La coerenza, che nel bene o nel male lo ha, contraddistinto, è una virtù che tutti gli uomini devono coltivare proprio per il fatto di essere viventi pensanti. Arrivederci Don Vittorio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA