Dopo la morte a Mykonos nemmeno la musica si è fermata

ll mestiere del genitore è la ‘professione’ più difficile del mondo. Un genitore non è mai obbiettivo: per lui il proprio figlio è giustamente il più delle volte un angelo sceso sulla terra, che si merita il meglio che si possa avere in questa vita.Un genitore crede che dire di ‘sì’ al proprio figlio e quindi acconsentire sempre e ovunque alle sue esigenze sia la strada migliore per renderlo felice, perché il più delle volte si crede che lui se lo meriti, il suo ‘sì’.Quando ai figli bisogna insegnare l’educazione, il rispetto verso gli altri, il chiedere scusa quando si ha sbagliato e quando è strettamente necessario farlo, allora si ritiene che il proprio figlio ‘lo sappia già’, o magari si pensa che non sia poi così indispensabile metterlo ulteriormente in imbarazzo, incitarlo a farsi avanti per dimostrargli l’errore da rimediare.Tutto perché l’obbiettività non è presente nei genitori: per le mamme e i papà il proprio figlio ha bisogno di essere felice, è perfetto già così, e non si rendono conto che la contentezza deriva anche dal dire quei tanto sospirati ‘no’ che causano sofferenze dalla parte di entrambe le parti, ma che in realtà servono per la crescita e la realizzazione personale.Perché quelle sofferenze sono solo apparenti. Ho visto tanti figli felici per aver vissuto con dei ‘no’, perché la pregustazione di quel poco (o tanto, a seconda dei punti di vista) che si ha ottenuto ha regalato loro gioia.Tanti ragazzi che hanno avuto tutto dalla vita, hanno ottenuto sempre ‘sì’ perché era ciò che volevano; in realtà poi non erano così contenti.Il padre di Stefano Raimondi, giovanissimo lodigiano ucciso a Mykonos da una bottiglia di vodka da sei litri tiratagli da un gruppetto di svizzeri, piange la morte del suo angelo, battendosi il petto perché lui non voleva che Stefano andasse in quel brutto posto, lui l’aveva esordito a non andare lì, se lo sentiva. Un orribile presagio, che solo un padre può sentirsi dentro.«Se solo Stefano mi avesse ascoltato.. Ma come potevo impedirglielo nettamente? Si era messo da parte i soldi lavorando nei week end per andare su quell’isola maledetta».Non sempre i ‘no’ ai figli sono delle condanne; a volte, come questa, potrebbero essere vere e proprie salvezze.Se forse non si accondiscendesse ad ogni richiesta, forse un figlio saprebbe che lanciare sulla testa di un coetaneo una bottiglia di vodka da sei litri è una cosa che non si deve fare.Forse un’educazione più rigida porterebbe gioia per quel poco che si darebbe loro, e quel ‘poco’ basterebbe per non trovare felicita’ in alcol e droga in quantità industriali che fondono il cervello, e stordiscono a tal punto che lanciare una bottiglia colma sulla testa di un ragazzo appare quasi ‘normale’.Ma ciò non cambia nulla.La morte di Stefano, oltre alla inconsolabile tristezza di familiari e amici, non ha cambiato nulla, non ha fermato il tempo, nemmeno durante la notte in quella discoteca infernale.Nemmeno la musica si è arrestata, nessuno smise di ballare quella sera, neppure davanti alla morte di un giovane.Un’isola in cui un’ambulanza ci mette un’ora per soccorrere un giovane, in cui una guardia del corpo non riesce chiamare i soccorsi perché ‘non ha il numero’, un posto in cui un ragazzo sta male e tutti rimangono attoniti e nessuno sa cosa deve fare, e nulla si arresta.

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