Egregio Direttore, leggendo il resoconto della conferenza stampa dell’associazione Intesa, apparso venerdì 25 febbraio sul Cittadino, sono rimasto profondamente amareggiato dalle frasi che esprimono il pensiero del presidente Alessandro Manfredi. In esse, tra virgolette e quindi direttamente pronunciate, si fa riferimento ad alcuni temi esiziali nella vita dei disabili mescolando residenzialità e servizi diurni, percorsi di vita e strutture, restituendo chiaramente il senso di non conoscere quasi nulla di ciò che si dice. Con il risultato che il presidente medesimo si spinge ad affermare che sia necessario «pensare ai disabili come persone, quindi da non rinchiudere in strutture». In qualità di Presidente di una cooperativa sociale, nata dall’operosa e fattiva volontà di una associazione di famigliari e amici dei disabili, mi chiedo se questa frase rappresenti effettivamente il pensiero dei tanti fruitori dei servizi diurni e residenziali nel territorio di Lodi. Mi chiedo, in altre parole, se effettivamente il lavoro degli operatori educativi ed assistenziali che assicurano con fatica, impegno ed entusiasmo servizi di qualità in favore dei disabili, possa essere ricondotto a parole come quelle pronunciate nella conferenza stampa.
E di conseguenza mi chiedo se i famigliari che incontriamo tutti i giorni, che visitano le nostre strutture e quelle di ogni altro operatore, che siedono in consiglio di amministrazione della cooperativa, che si riuniscono periodicamente nei comitati genitori, che portano con orgoglio e fiducia i propri figli nelle strutture e nei servizi accreditati e sottoposti a controllo costante, pensino davvero che il nostro lavoro e il loro impegno sia descrivibile con la locuzione che ho citato e mi ha profondamente ferito.
La progettualità degli educatori, la volontà di considerare le persone disabili nella loro interezza e non come minuti di assistenza da organizzare, l’entusiasmo per le iniziative di vera integrazione, tutto questo è alla base dei servizi per i disabili nel territorio lodigiano.
In un momento in cui si dovrebbe essere capaci di affrontare unitariamente i tagli imposti dalla crisi e da una politica spesso miope, tagli che rischiano di penalizzare più di ogni altro i disabili e le persone fragili, pronunciare frasi di questo genere è dannoso e fors’anche peggio.
Se poi si intendeva dire altro, se poi si voleva parlare della necessità di considerare la disabilità come una caratteristica della persona e non come una categoria, se si voleva dire che è necessario ripensare i servizi evitando di considerarli come l’unica possibile risposta alle esigenze dei disabili, beh, allora tutto questo non si capisce dalle parole pronunciate da Manfredo. E a peggiorare le cose ci si mettono anche altri termini (centri diurni sovraffollati o «parcheggiati», solo a citare qualche esempio) che rischiano di descrivere ciò che facciamo in modo dispregiativo. Spero che presto queste frasi vengano senza incertezze smentite dagli associati e dai famigliari dimostrando al presidente dell’Intesa che prima di parlare occorre sapere cosa si dice. Lo spero tanto.
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