Il Banco riparte mantenendo i principi delle Popolari

Caro Direttore,a margine del Convegno organizzato dall’Associazione Lodi Liberale e tenutosi lunedì sul tema delle Banche Popolari mi sembra utile fare alcune precisazioni più per dovere di cronaca che non per avere l’ambizioni di condizionare un percorso che appare già indelebilmente segnato.Lungi da me la volontà di far polemica anche perché, e i fatti sono a dimostrarlo, il sistema cooperativo italiano, di cui il Banco Popolare è uno dei rappresentati più autorevoli, ha già avviato il suo processo di cambiamento evolutivo. Nel corso del dibattito è emerso più volte il concetto che la BCE spingerebbe per la trasformazione delle Banche Popolari in virtù di una supposta “uniformità” nei modelli degli Istituti di credito europei.L’affermazione mi sembra doppiamente errata, in primo luogo perché va contro quelle che più volte sono state citate come le “biodiversità” presenti nei vari Paesi e che molto spesso hanno connotato positivamente le realtà economiche italiane e poi perché, pur con formule diverse, le banche in forma di Società Cooperativa sono uno degli attori principali del sistema creditizio continentale.Cito la realtà più conosciuta, il Credit Agricole, banca tra le più importati e solide e con un regime di voto capitario. Ma subito dietro ci possiamo mettere il sistema delle Raiffeisen svizzere e austriache o Rabobank in Olanda senza contare che anche una delle principali banche canadesi, la Dejardins, ha forma cooperativa.Ho sentito poi affermare che il voto capitario non agevolerebbe il ricambio manageriale necessario per assicurare una corretta gestione.Anche su questo sono costretto a dissentire in quanto negli ultimi 5 anni quasi il 90% del management della banche cooperative italiane è stato cambiato e non solo per problemi di governance ma anche per venire incontro ai cambiamenti e alle innovazioni che il sistema ci ha imposto.E poi la considerazione che le Banche Popolari interessate dalla riforma avrebbero soltanto la forma e non la sostanza della cooperativa.L’affermazione è stata contraddetta dalla legislazione europea che per ben 5 volte si è espressa a favore della peculiarità e della conservazione del modello arrivando ad affermare che il modello può senz’altro essere adottato anche in caso di dimensioni rilevanti e di quotazione sui mercati borsistici non sussistendo alcuna incompatibilitàPer il resto mi devo purtroppo affidare anche ai numeri e a qualche nozione tecnica e di questo mi scuso con i lettori.La quota di mercato delle Banche Popolari nel credito erogato dal 2008 (inizio della crisi) ad oggi è aumentata dal 22% al 25,5% circa a testimonianza, in un periodo di credit crunch, che le banche cooperative non hanno mai fatto mancare il loro contributo alla crescita reale del Paese. Nell’ultimo triennio le Banche Popolari hanno saputo raccogliere sul mercato aumenti di capitale per 9 miliardi di euro a riprova che il voto capitario non è un deterrente per potenziali investitori (attenzione investitori e non speculatori) ma anzi un meccanismo ormai tranquillamente assimilato dal mercato finanziario internazionale.Mi fermo qui anche se potrei veramente riempire pagine di numeri a favore del sistema delle Popolari e i detrattori potrebbero forse fare altrettanto.Resta la vera domanda a cui nessuno, al momento, è riuscito a dare una risposta credibile, perché questa riforma è stata introdotta in tempi e con modi così poco convenzionali?Di una cosa comunque voglio rassicurare i lettori di questo giornale, il Banco Popolare ha preso atto e metabolizzato non senza difficoltà, questa riforma e intende oggi, con la solidità e le prospettive confermate anche da BCE, ripartire su una nuova strada che deve confermare e mantenere i principi ispiratori delle popolari declinandoli nella modernità delle nuove regole e dei nuovi canali distributivi.La dimensione che il Banco sceglierà di darsi, se ve ne saranno concrete opportunità, non dovrà mai prevaricare l’attenzione e la salvaguardia dei territori e la vicinanza con i nostri clienti e con i nostri azionisti.Il 2015 si prospetta come uno spartiacque che segnerà la ripresa del comparto e il raggiungimento di risultati positivi. La sfida più grande per i prossimi anni sarà quella di riuscire a mantenere e a coniugare mutualismo e remunerazione del capitale, territorialità e economia di scala in un mercato sempre più difficile e regolamentato.

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