Lodi: incomprensibile disprezzo per il passato della città

Egregio Sindaco del Comune di Lodi, le polemiche in merito alla facciata dell’edificio sito in via Gaffurio, cui nei mesi scorsi la stampa locale ha dato ampio risalto, ci hanno indotto ad una riflessione su un aspetto paradossale di questo esito progettuale: nonostante le molte critiche e perplessità che questo edificio ha suscitato, il progettista non ha commesso nulla di illecito, né nel progetto, né nella scelta dei materiali, né nel colore degli intonaci. Stanti così le cose non ha molto senso chiedere di modificare il colore dell’intonaco della facciata, o cambiare i materiali utilizzati in alcune finiture della stessa. Sarebbe nel diritto del proprietario non accogliere queste richieste. Occorre invece interrogarsi su come e perché sia stato possibile arrivare a poter realizzare in pieno centro storico, in una delle vie che hanno (o avevano) conservato in modo più leggibile l’impronta medievale, un edificio così alieno da tale contesto. Al posto dell’attuale stabile sorgeva il cinema Marzani, a sua volta costruito obliterando in parte le strutture, anche in alzato, della chiesa di Sant’Antonio, come documentato da foto scattate al momento dell’abbattimento del Cinema. Nonostante i reiterati appelli e le relazioni presentate da Italia Nostra e da altre associazioni culturali del territorio, oltre alle evidenze della cartografia storica, c’è stata da parte dei funzionari dell’ufficio tecnico, così come da parte della componente politica dell’amministrazione comunale, una chiara volontà di non vedere e di non capire. La stessa volontà che ha spinto l’Amministrazione a non salvare villa Bianchi, negando l’apposizione di quel vincolo che avrebbe consentito di consegnare alle generazioni future un complesso di dimora signorile degli Anni Trenta con giardino celebrato nella sua eccezionalità dallo stesso Renzo Piano. La stessa volontà che ha cancellato dalla sera alla mattina il villino Pomini, pregevole esempio di residenza liberty, con un giardino abbellito con essenze antiche e “storiche” di grande bellezza, per lasciare il posto ad un anonimo condominio. Questo modus operandi ha presieduto anche alla sorprendente vicenda di abbattimento e ricostruzione ex novo del distributore di piazzale 3 Agosto, così come alla distruzione del grande stabile di via Paolo Gorini. Il liquorificio Dolci di via Nino Dall’Oro, che pure contiene in facciata interessanti elementi decorativi degli Anni Trenta del 900, è seriamente minacciato: deve lasciare spazio ad un nuovo stabile. La fornace del Sandone, pregevole esempio di archeologia industriale, per la cui difesa avevamo presentato osservazioni al PGT a suo tempo respinte senza motivazione, sta cadendo in pezzi, nonostante si fosse suggerito una sua possibile riqualificazione come sede museale per il Museo della Ceramica. Solo per un fortunato caso l’asilo Bulloni si è salvato dalla distruzione, ma temiamo non dal degrado, cui andrà inevitabilmente incontro se non si interverrà attuando quei minimi interventi di manutenzione e non si penserà ad un suo recupero a fini culturali. Ciò che colpisce è che, se si eccettua l’edificio in via Paolo Gorini, tutti i beni architettonici fin qui citati erano stati schedati nel SIRBeC, come beni di interesse storico e quindi, come tali avrebbero dovuto essere trattati nella stesura del PGT e nel momento in cui sono stati approvati gli interventi di abbattimento e “riqualificazione” che invece li ha riguardati. Se la volontà di demolire e ricostruire “il nuovo”, che ha guidato molte scelte urbanistiche degli anni Sessanta del ‘900 si poteva giustificare con la rinascita dopo il secondo conflitto mondiale, con la comprensibile voglia di cambiamento e con il boom economico, molto meno si comprende questo disprezzo del passato nell’attuale momento storico. Attualmente l’atteggiamento culturale più generalmente diffuso è quello di rispettare e salvaguardare le testimonianze di pregio dello scenario urbano, il che non significa chiudere le porte a qualsiasi istanza di ammodernamento, ma piuttosto agire con una sensibilità ed un attenzione per l’esistente che, spiace dirlo, non appartengono a questa Amministrazione Comunale. A riprova di ciò quotidianamente incappiamo in pezzi di arredo urbano messi disordinatamente e lontani dal contesto in cui forzatamente sono stati inseriti. Occorre invece porsi in dialogo costruttivo con il passato, ponendo il nuovo e le esigenze di cui è portatore in dialogo continuo con l’antico. Tutto ciò non è impossibile: Vienna con il Museum Quartier o Casal Monferrato, con il recupero di una chiesa e la sua destinazione a spazio culturale, sono lì a dimostrarcelo. Chiediamo quindi con forza che l’Amministrazione comunale ed in prima persona il Sindaco si pongano a difesa e promozione non solo del bello ma anche di quanto il nostro territorio conserva sul piano storico, architettonico e culturale. Questa difesa non è incompatibile con le attuali difficili congiunture economiche,anzi: le sinergie che sono state attuate tra mondo produttivo e realtà culturali nel distretto di Monza Brianza sono lì a dimostrarci inequivocabilmente che questo atteggiamento può portare innegabili vantaggi al territorio anche dal punto di vista economico.

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