Giovedì 19 aprile sul “Cittadino” un tale Giuliano De Fusco ha espresso un giudizio asseverativo sulla scultura di Gianni Vigorelli in corso di restauro, causa la deprecabile miopia nel 1963-1964 di quella parte del Consiglio Comunale manifestamente avversa al monumento celebrante la Resistenza con giudizi critici penosamente miserandi. Quindi, non tanto un problema di denaro, ma di scontro politico sorretto da assoluta incompetenza (basta leggere gli atti dei Consigli di allora: sarebbe stata dileggiata anche la proposta di artisti come Moore, Marino e Picasso. Capita spesso in provincia, purtroppo).
L’errore di allora è stato di non provvedere alla fusione in bronzo (non era poi una somma non sostenibile), ma di ripiegare su lamelle di rame scanalate dal bravo amico battiferro Angelo Roncoroni. Al passare degli anni, per processo voltaico, il rame corrode il ferro e per il caso al nostro proposito, l’impalcatura interna di sostegno.
Veniamo allo sproloquio della lettera e allo spreco di denaro per il doveroso restauro riservato inoltre a un monumento “tanto brutto” e “cristianamente spregevole con il nomignolo di Belfagor”. Viene da osservare il pressappochismo assertivo per non dire peggio. Belfagor più che definizione spregiativa ha genesi dalla sagacia popolare derivata da un lavoro (mi pare “Il fantasma del Louvre” trasmesso in TV) che si è fatto sapienzialità proverbiale. Non è richiesto a tutti saper apprezzare la modernità delle opere artistiche e capirne il valore, specie se ( e non è solo parere personale, ma di competenti come De Amicis Francese Longaretti Rossi Della Torre Ferroni ecc. , oppure Sgarbi De Grada Arbasino e altri) è il monumento più importante che abbia Lodi. Questa volta in modo sicuramente assertivo perché è opera di Gianni Vigorelli, il più grande nostro scultore, ma non solo per noi. C’è spazio per tutti e in tanti campi per fare o argomentare; è obbligatorio però rispettare la competenza. In questo senso bisognerebbe sempre proibire a chi non fa di parlare e a chi non sa di criticare. Sempre e ovunque.
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