Mi vergogno di morire così, ma non c’è più speranza

Egregio Sig. Direttore, la Repubblica Italiana è (aff)fondata sul lavoro. Quest’anno alla fine di ottobre avrei compiuto cinquantanni di lavoro, dei quali, quasi diciassette come lavoratore dipendente (ex Elettrocos poi diventata Dossena & C e successivamente ESI) ed i restanti (dal 02/04/1979) come autonomo con una piccola impresa per la realizzazione di quadri elettrici, prima come artigiano poi dal novembre 1982 come società. Non ho mai lavorato per privati perciò ho sempre emesso fatture per tutti i lavori eseguiti.

Nell’arco di tutti questi anni ho dovuto sopportare diversi fallimenti e/o mancati pagamenti (senza tutele di sorta) per i quali ho sempre dovuto versare IVA e quant’altro, con l’aggiunta di spese legali, per le quali solo in qualche sporadico caso ho avuto soddisfazione.

Attualmente la mia società ha ancora otto dipendenti (in anni recenti erano arrivati a quattordici), poi alcuni sono andati in pensione, altri hanno cambiato di loro iniziativa (non ho mai licenziato nessuno).

Ora non c’è più lavoro, siamo fermi completamente, inoltre poiché anche i nostri clienti sono tutti nella nostra situazione e, non venendo pagati, a loro volta non ci pagano per il lavoro a suo tempo eseguito (per il quale abbiamo versato la sempre solita Iva).

Purtroppo da qualche tempo anch’io ho alcuni debiti verso i miei fornitori e, questo mese di aprile non riuscirò ad onorare alcun pagamento in scadenza.

Mi dispiace morire così, mi vergogno di ciò, ma non c’è più alcuna speranza.

La Repubblica Italiana è fondata sul la…drocinio, ed il paese sta affondando sempre di più. Cosa dire? Cordiali saluti (molto tristi)

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