Mercoledì 26 ottobre, ore 19,30. Parcheggio FS stazione di Tavazzano. Un po’ di foschia ricopre il desolato parcheggio della stazione Fs, a far da cornice a questo spiazzo in cui poche autovetture aspettano il rientro dei loro padroni, il buio, le ombre e un po’ di paura. Attraverso il sottopassaggio illuminato a giorno, luci al neon che man mano si fondono con la sgretolata ed inquietante scalinata dai lunghi gradini, ‘studiati’ per essere percorsi con le bici, proprio perché al crepuscolo è consigliato affrontare quella parte di città così sicura. Un buio così intenso è davvero difficile individuarlo in un altro posto della pianura, forse solo in riva all’Adda, dove però è pressoché impossibile recarcisi di notte a parcheggiare. Ma in questo angolo di Lombardia, sembra non accorgersi nessuno che serve solo un lampione. Un misero lampione che possa tranquillizzare chi rientra al buio, nella nebbia e non ad orari propriamente comodi. Un lampione nella cittadina delle centrali elettriche.
Ma la burocrazia è veramente cieca e fo rse non vede nel buio, arranca, ci inciampa e pigramente si rialza ma non impara dai suoi sbagli. Ma a farne le spese è di nuovo il cittadino. Infatti, come già accadde un anno fa, anche stavolta, avvicinandomi all’auto, la bella sorpresa. Scasso della portiera, vetro rotto, furto di tutto ciò che si trovava nell’abitacolo. Almeno un 500 euro di danni. Ore 9,00, denuncia, ineluttabile routine, magra consolazione compilata in modalità copia e incolla, tutto normale. Come se fosse il rilascio di uno scontrino al supermercato.
Amareggiante epilogo che rivedo il giorno seguente in frantumi sull’asfalto, alla luce del sole, schegge di vetri frantumati giacciono un po’ ovunque, segno che quotidianamente qualcosa avviene. Ed insieme ai vetri si frantumano le speranze che qualcosa migliori, che ci sia una soluzione. Ma cosa ci sia può aspettare da un’Amministrazione Comunale che non riesce a creare una compartecipazione FS/comuni limitrofi per mettere un faretto? Farebbe meglio a farsi un’esame di coscienza. Restiamo in attesa di qualcosa di ben più grave, in totale tranquillità cullati dalle solite nenie di chi si ostina a non capire.
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