Se a Napoli non c’è lavoro non è certo per colpa nostra

Egregio Ministro Calderoli,sono un Napoletano che ha sempre lavorato nella propria terra, da laureato in Informatica e con contratto a tempo indeterminato. Dopo aver completato gli studi ed espletato i miei obblighi nei confronti dello Stato Italiano, fui assunto prima in una multinazionale americana e poi nella gloriosa Olivetti, mettendo da parte soldi a sufficienza per pagare l’anticipo di una casa e consentendomi al contempo una vita decorosa.Purtroppo, grazie alle attuali leggi dello Stato Italiano, che favoriscono comportamenti poco onesti da parte di falsi imprenditori, bravi soli a prendere e a scappare, leggi che consentono finte cessioni di rami d’azienda volte ad attuare licenziamenti collettivi, mi ritrovo a 40 anni a vivere da precario e ad inventarmi ogni giorno un nuovo lavoro.E nella mia difficile situazione, con un mutuo e tante altre spese quotidiane, leggo con grande tristezza sui giornali di domenica 24 luglio scorso le Sue dichiarazioni in occasione dell’apertura al Nord delle sedi distaccate di quattro ministeri. Lei dichiara, secondo quel che leggo, testualmente «[...] Per me avrebbe più senso che stesse a Brescia, perché sarebbe come mettere il ministero del Lavoro a Napoli, dove non sanno di cosa si parla». Se a Napoli non sappiamo di cosa si parla quando sentiamo la parola LAVORO non è certo una colpa nostra. O pensa che tutti i Napoletani vogliano vivere di redditi di cittadinanza o salari sociali? Che Lei dia a noi Napoletani la colpa della situazione in cui ci troviamo è particolarmente offensivo... Certo, Lei non hai idea di cosa significhi vivere con 800 euro al mese di cassaintegrazione: i Suoi problemi più grossi, probabilmente, riguardano la scelta del ristorante in cui andare a cena. Lei è un Ministro della Repubblica, e non ha il diritto di offendere i cittadini onesti che ogni giorno si rimboccano le maniche a Napoli per inventarsi un lavoro ONESTO con cui portare a casa il pane e pagare mutui, bollette e TASSE; quelle TASSE con cui Lei, insieme ai Suoi colleghi, si paga oggi il lauto stipendio e, un domani, si permetterà la corposa pensione che Le spetta.Se le parole che ho letto sono state riportate fedelmente dai giornalisti, Onorevole Ministro ritengo che Lei mi debba delle scuse.

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