Egregio Signor Direttore, sono la moglie di Enrico Barnabò. Dipendente della G.I.S.Rubo tempo e spazio al suo giornale per provare ad arrivare ai capi di mio marito: la giunta di Lodi e i responsabili G.I.S. Vorrei chiedere se il modo usato per trattare il loro dipendente da ottobre a oggi è il migliore che potessero mettere in campo.In questi mesi mio marito è stato invitato a confrontarsi con sindacati, cooperative di servizi, gestori di piscine, società sportive. Ha appreso notizie dalla stampa e da telefonate ufficiose. È stato lasciato sospeso in un limbo di incertezza sempre più deprimente e sconfortante. Senza possibilità di far sentire la sua voce ai diretti interessati, senza che essi avessero tempo e voglia di comunicare con lui in modo educato, professionale, civile. Utilizzando i giusti modi sarebbe cambiato qualcosa? Sarebbe cambiato molto. Perché la mancanza di considerazione per il lavoro svolto da mio marito per l’organizzazione Gis, il non rispetto per l’impegno, il merito, la fiducia reiterata nei 16 anni di servizio… avvelenano l’animo. Lascio da parte le sconforto e la rabbia che provo nei confronti di sindaco e assessore allo sport. Ma una scoccata al responsabile della Gis devo darla.Ricordandogli che la persona che non ha in nessun modo tutelato, che ha liquidato senza decenza, è la stessa di cui ha goduto per anni: vorrei portargli a memoria le volte che la Gis ha chiamato a casa mio marito per chiedere di risolvere un qualche problema tecnico, gestionale, umano. Vorrei poter fare i conti di quanti soldi Enrico Barnabò ha fatto risparmiare all’organizzazione: aggiustando, riparando, inventando, gestendo impianti, tubi, questioni che spesso, non riguardavano le sue competenze. Deprimente è questa politica che demanda e che fa spallucce, ignorando che se si vuole uscire dal tunnel è necessario trovare un nuovo modo di fare politica. Perché quello vecchio ci ha portato dove siamo. Deprimenti sono i gestori delle alte cariche che non sanno assumersi gli oneri del ruolo che coprono. Silenziosi, neutrali, immobili… intossicanti e dannosi.Mio marito ha sempre portato in ambito lavorativo le sue doti migliori: il suo bel carattere, il suo altissimo senso della giustizia e l’inviolabile concetto di responsabilità. Di queste cose ne avete goduto per lungo tempo. Di queste cose ne avete restituite ben poche. Le cariche rivestite dalle persone sopracitate richiedono umanità, coraggio e fantasia. Sarebbe opportuno se domani provassero a fare molto meglio, che vuol dire diversamente, di quanto fatto sin’ora. Buon lavoro a tutti.
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