Frassati-Vivivolley, valida per il Girone B di Prima Divisione e vinta venerdì per 3-0 dalle locali, è un match a suo modo storico: in campo nello “starting six” di Secugnago infatti è scesa una giocatrice di 50 anni appena compiuti. È Francesca Ripamonti, centrale che già respirava l’azzurro quando compagne di squadra e avversarie non erano neppure nate. Se ormai da cinque stagioni difende i colori del Vivivolley, la carriera pallavolistica di quest’atleta nata il 6 febbraio 1967 è legata soprattutto al San Fereolo: nell’oratorio lodigiano iniziò a giocare nel lontanissimo 1977/1978 e al “Sanfe” ha legato una parte importante della carriera, fatta di numerose stagioni in Serie D tra il 1997 e il 2007. «Interruppi l’attività solo per diventare mamma di Filippo nel 1996 - ricorda oggi la giocatrice, in tutto il Lodigiano conosciuta come “Ripa” -: mio figlio è nato in luglio e io in ottobre ero già in campo». All’epoca aveva 29 anni e il picco della carriera era già alle spalle: a 15 anni (1982/1983) era già nell’orbita della Serie A2 a Milano, l’anno successivo iniziava a frequentare i collegiali azzurri della Nazionale Juniores. Spartiacque della sua avventura è il triennio (1985-1988) allo Sgeam Rozzano, allora in B1: tre stagioni poco fortunate e la giocatrice perde motivazioni e torna a giocare in provincia, nella squadra di Rivolta d’Adda, paese natale della madre. Lì la sua carriera rifiorisce, in una scalata che la porta dalla Terza Divisione alla Serie C. Lì soprattutto la pallavolo diviene la compagna di vita che è ancora oggi, con i colori di un Vivivolley che non ha lasciato neppure nell’estate della promozione in D e della successiva rinuncia al diritto (2014). Ancora oggi quando, oltre all’età avanzante, c’è da convivere con gli impegni di docente di inglese al Gandini e al Verri e all’università di Milano nelle facoltà di scienze politiche e agraria: «Il volley corrobora tutte queste attività, mi aiuta a essere “multitasking”: magari un giorno avrò qualche cedimento, ma per ora il fisico regge abbastanza bene e mi aiuta anche mio marito Vittorio, “dragone” di Tarantasio (la barca della Canottieri divenuta famosa per i raid fluviali degli ultimi anni, ndr)». Francesca Ripamonti ha attraversato tre ere diverse di volley e a cambiare non è stato solo il modo di contare i punti: «Forse un tempo c’era più rigidità sia nell’insegnamento della tecnica sia nella conduzione degli allenamenti. Il livello dei campionati era sicuramente più alto, ma anche noi vivevamo la pallavolo in modo più intenso: saltare un allenamento era visto come una cosa gravissima, oggi mi pare non sia più così». La lodigiana ormai da qualche anno si trova ad affrontare atlete che potrebbero essere sue figlie… e che in qualche caso sono pure sue studentesse liceali: «Mi capita di incontrare in partita ragazze che il giorno dopo devo interrogare in classe: importante, sia per me ma anche per loro, è scindere i due ruoli. Certo che qualcuna è talmente giovane che potrebbe essere pure mia nipote». Inarrestabile “Ripa”: per longevità ma anche per simpatia.
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