«Amatori da scudetto solo con i big»

Intervista ad Angelo Brasca, il mitico ds del 1981

Puntare dritto sui migliori concentrando le energie nel breve termine. Poi si vedrà». Il Brasca-pensiero non va troppo per il sottile, anzi. Il direttore sportivo dell’Amatori dello scudetto nel 1981 e della Coppa Cers nel 1987 ha le idee chiare su come si debba costruire una squadra bella e soprattutto vincente. Angelo Brasca assieme al gruppo dirigenziale composto dai vari Carminati, Cipolla e Dossena contribuì a portare a Lodi le vittorie che tutto il pubblico aspettava e sognava da anni, da quando l’hockey da sport per pochi intimi diventò uno sport di massa con l’arrivo di Livramento: «Il gruppo che c’era allora era unito e con un pizzico di follia - ricorda adesso Brasca -, ci mettemmo tantissimo del nostro e tutti insieme remavamo dalla stessa parte. Il presidente Carminati fece tantissimo, provavamo un amore vero per questo sport. Per me l’immagine era tutto e le altre società ci invidiavano. Ricordo con piacere anche il fotografo Roby Carelli, che non mancava mai a una nostra trasferta». Dopo il periodo d’oro l’ex ds giallorosso ha abbandonato l’ambiente, salvo ritrovare la passione con vigore proprio in quest’ultimo periodo: «Ho visto in televisione gara-2 di semifinale tra Valdagno e Amatori e devo dire che non mi è piaciuta moltissimo - il commento critico di chi portò a Lodi campioni del calibro di Fona, Fantozzi, Rizzitelli, Rocha e Luz -: troppa attesa e poca spregiudicatezza. L’ho detto anche ad Aldo Belli che avrebbe dovuto osare di più, perché quella sera in Veneto si poteva davvero provare a vincere. Invece mi è piaciuta molto la serie di finale tra Viareggio e Valdagno: ho rivisto l’hockey fatto soprattutto delle parate del portiere e dalle ripartenze veloci e fulminanti dei giocatori. Mi ha entusiasmato molto, forse anche perché nel Viareggio ci sono ancora quei giocatori che hanno fatto la storia e che in partite così determinanti sono infallibili». E l’Amatori? «Credo che sia una buona squadra, alla quale però mancano un paio di pedine per essere davvero competitiva - puntualizza Brasca -. Antezza è un ottimo colpo, specialmente se affiancato a Platero, che mi sembra un giocatore dotato di tecnica e visione di gioco. Per quanto riguarda la difesa invece ci vorrebbe un uomo di caratura assoluta da affiancare a Montigel. Potrebbe arrivare Travasino? Io preferisco Davide Motaran». E a chi gli fa notare che il difensore piemontese ha un contratto pluriennale con il Viareggio, Brasca risponde: «Anche ai miei tempi i migliori giocatori erano sempre sotto contratto, però bisogna insistere e andarli a prendere. Io lavoravo all’inizio di un campionato per preparare quello successivo e a tutti i costi si andavano a prendere i giocatori migliori. Perché ho paura che Travasino possa non bastare se davvero come sembra a Viareggio arriverà anche Emanuel Garcia dal Porto». Insomma, il motto per Angelo Brasca è “vincere subito e poi accontentarsi”, un’idea che fa un po’ a cazzotti con la strategia messa in atto dall’attuale presidente giallorosso D’Attanasio, che invece opera oculatamente investendo sui giovani e programmando con attenzione il futuro. «Così però difficilmente arriverai primo, e i terzi o i secondi non finiscono negli annali - la stilettata di Brasca -. Vede il Follonica per esempio? Ha vinto l’impossibile stando all’apice dell’hockey mondiale e riempiendo la bacheca di trofei, adesso può anche concedersi qualche anno da comprimario. Purtroppo questa è la realtà dell’hockey, dove programmare a lungo termine, pur essendo lodevole, non porta alle vittorie: paradossalmente una società nuova può arrivare alla Serie A1 in tre anni, avere un grande budget, comprare tutti i migliori giocatori e vincere titoli in campo nazionale e internazionale. Di natura io sono uno a cui piace vincere e questa sarebbe la mia strategia». Etica o non etica, giusta o sbagliata che sia.

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