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Giovedì 21 Giugno 2012
Cazzulani e la medaglia “scippata”
Il grande impegno per non deludere il Duce
Le Olimpiadi di Los Angeles del 1932 sono da ricordare per l’Italia:gli azzurri infatti si classificano al secondo posto nella classifica per Nazioni conquistando 12 medaglie d’oro, altrettante d’argento e di bronzo, per un totale di 36 podi. Si affermano gli Stati Uniti con un bottino di 42 ori, 32 argenti, 30 bronzi. Gli americani organizzano i Giochi impeccabilmente, curando che durassero (era la prima volta) quindici giorni, ospitando al meglio gli atleti e fornendo impianti
Fra i 102 azzurri presenti ce ne sono anche tre delle nostre parti: lo schermidore Franco Riccardi, il pesista Attilio Bescapè e il ciclista Giovanni Cazzulani. L’attenzione è per l’avventura olimpica di quest’ultimo. Giovanni Cazzulani nasce a Pandino il 5 agosto 1909. Comincia a correre da giovane vincendo e ottenendo numerosi piazzamenti. È un buon passista e può contare anche su un discreto sprint nelle volate. Fra i risultati ottenuti da segnalare la conquista della Coppa Italia nella cronometro a squadre nel 1932. Emerge fra i migliori e viene chiamato in azzurro a far parte del quartetto impegnato nella 100 chilometri in linea. Occorre qualche precisazione in proposito. Nel corso delle varie edizioni olimpiche le gare ciclistiche ebbero continue variazioni riguardanti le tipologie, le distanze e l’assegnazione delle medaglie. A Los Angeles dunque oltre alla prova in linea individuale c’è quella per le rappresentative nazionali che... non viene disputata.
Nella prova individuale l’italiano Attilio Pavesi vince battendo in volata il compagno Guglielmo Segato, terzo lo svedese Bernhard Britz, quarto Giuseppe Olmo che ebbe poi una prestigiosa carriera fra i professionisti. Cazzulani fornisce una buona prestazione piazzandosi settimo: è questo il suo bagliore olimpico visto che Pavesi, chiamato all’ultimo momento in squadra, va oltre a ogni aspettativa. Si dice che Pavesi, avendo ricevuto un telegramma da Mussolini con gli incitamenti... d’obbligo, crede di essere l’unico destinatario della missiva (che invece è stata indirizzata a tutti gli azzurri) e quindi si impegna alla morte per non deludere il Duce.
Eccoci al podio della gara a squadre. Vengono assegnate le medaglie sommando i tempi ottenuti dai tre migliori di ogni Nazione nella prova in linea. L’Italia (primo, secondo e quarto) conquista l’oro precedendo la Danimarca, mentre il bronzo va alla Svezia. Una procedura del tutto inusitata che vede premiati con l’oro solo tre azzurri mentre Cazzulani viene escluso pur facendo parte della squadra. Nel 1933 il ciclista pandinese passa al professionismo. Il primo anno di attività lo vede schierato quale “individuale”, come viene definito lo status di chi non è ingaggiato da un team. Deve arrangiarsi in tutto e per tutto durante le corse, sperando di racimolare qualcosa con i premi. Cazzulani l’anno dopo si accasa alla Gloria, nel 1935 passa alla Bianchi; torna alla Gloria nel 1936 e quindi alla Legnano (1937-1939) per terminare l’attività nel 1940 con i colori della Battisti-Aquilano.
Ha la ventura di gareggiare in un periodo nel quale corrono parecchi corridori di sicuro valore. Il cenno è per Learco Guerra, Giuseppe Olmo, Giuseppe Camusso, Giovanni Valetti e Gino Bartali. Costoro, sicuramente, limitano le aspirazioni di successo che animano Cazzulani. A parte il fatto che dal 1937 al 1939 è al sevizio di Bartali. Una buona stagione per lui quella del 1934, quando arriva secondo alla Milano-Sanremo dietro al belga Demuysere e terzo al Giro d’Italia vinto da Guerra. Pure il 1936 è abbastanza positivo: vince il Giro di Toscana, è secondo al campionato italiano dietro a Olmo e terzo al Giro del Piemonte. In carriera partecipa a cinque Giri d’Italia e al Tour del 1934, nel quale ottiene il sedicesimo posto. Dopo il suo ritiro dalle competizioni nel 1940 si perdono le sue tracce. Con tutta probabilità già da prima aveva lasciato Pandino per andare ad abitare altrove.
Si spegne il 9 giugno 1976 a Varzi. Il suo viaggio a Los Angeles avrebbe dovuto riservargli una maggiore fortuna. Accanto ai tre compagni che si presero la medaglia per il successo della competizione a squadre un posto ci doveva essere anche per lui che faceva parte della “squadra”.
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