La corsa amatoriale pronta a raggiungere nuove frontiere, il lavoro quasi oggetto di culto: due concetti peculiari al Giappone di oggi che, attraverso una maratona, hanno vissuto due alfieri del Gp Codogno. Carlo Benuzzi e Barbara Castruccio hanno partecipato domenica alla Tokyo Marathon chiudendo la propria fatica rispettivamente in 3h49’ e 5h14’: erano due degli oltre 40mila corridori sulle strade della capitale nipponica, idealmente guidati dal keniano Wilson Kipsang che con 2h03’58” ha vinto la prova maschile a un minuto esatto dal record del mondo.
Da record è anche la “fame di corsa” dei giapponesi, come testimonia lo stesso Benuzzi, che del sodalizio podistico codognese è pure il presidente: «Dal solo Giappone erano arrivate 300mila richieste di partecipazione alla maratona - racconta -: solo un nipponico su dieci è stato ammesso». D’altronde si parla di un Paese in cui la corsa tra i non professionisti sta toccando livelli inimmaginabili da altre parti del globo, non solo sul piano della partecipazione ma anche dal lato tecnico: alla mezza maratona di Ageo lo scorso novembre ben 117 atleti scesero sotto l’ora e 5 minuti (all’ultima mezza di Lodi il marocchino Tariq Bamaarouf, buono specialista già terzo alla maratona di Torino, corse in 1h07’23”).
La passione dei giapponesi per la corsa emerge non solo da chi è sulle strade ma anche nella regìa delle gare: davvero nulla è lasciato al caso, con un’organizzazione che lo stesso Benuzzi non esita a definire “forse troppo perfetta”. «Tokyo come metropoli partecipa alla maratona facendo un grande tifo ai bordi delle strade - racconta il 52enne corridore di Codogno, che ha corso a Berlino, New York, Londra e Chicago e che nell’aprile 2018 affronterà l’ultima “major” che gli manca, Boston - e non c’è nessuna auto che si azzarda a muoversi nella zona del percorso di gara. Dal momento del ritiro del pettorale si è seguiti personalmente da addetti che ti aiutano per qualsiasi necessità o dubbio: sono davvero in tanti per qualsiasi compito, difficile anche solo immaginarlo altrove in una manifestazione così affollata. Un mio amico di Torino non si è sentito bene al 32esimo chilometro: dopo pochi secondi è arrivato un medico che gli ha misurato la pressione e, visto che era bassa, l’ha fermato».
L’immagine nipponica del lavoratore infaticabile è confermata dalla testimonianza di Benuzzi e Castruccio: «Sì, si può dire che ci sia una sorta di culto del lavoro: ci sono giovani che lavorano anche 16 ore al giorno. Ci ha colpito anche la loro religiosità: abbiamo visitato parecchi templi buddhisti e shintoisti». E a proposito di culto «i giapponesi sono un popolo di persone educate e servizievoli - chiosa il presidente del Gp Codogno, ex calciatore che ha scoperto la corsa nel 2008 a 44 anni -: lo straniero che arriva da loro è trattato come un semidio». Correre nella terra del Sol Levante è quasi un’esperienza “mistica”.
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