Dal nostro inviato Luca Mallamaci
Il viaggio dall’East River alle Rocky Mountains è più lungo delle quasi cinque ore d’aereo che servono dal “Jfk” di New York, scalo principe della “Big Apple”, per atterrare al “Denver international airport”. Il cambio di panorama, di basket e di vita è sostanziale. Quando si affaccia al balcone dell’appartamento dove si è recentemente trasferito, nella zona ovest di Denver, Danilo Gallinari vede i contorni delle Montagne Rocciose, parecchie cime ancora innevate, il cielo terso, un sole brillante: luminosità e spazi che aprono il cuore e fanno correre i pensieri. Nella “Mile High City” (la “città alta un miglio”), capitale del Colorado, predominano la natura, le ampie distese, il bus elettrico gratuito che taglia downtown sulla “16th Street Mall”, un ritmo di vita molto più rilassato. Nulla a che vedere con la foresta di grattacieli e cemento, la frenesia e la difficoltà a trovare parcheggio di New York. Danilo ha assorbito bene gli effetti della “maxi trade” fra Denver Nuggets e New York Knicks, servita principalmente per far tornare Carmelo Anthony a Manhattan. Un mese è bastato alla 22enne stella di Graffignana per ambientarsi al meglio. «A Denver mi trovo veramente bene, la città è molto bella: pensa che negli Usa è seconda solo a San Diego per giornate di sole durante l’anno - racconta il “Gallo” -. La temperatura è molto differente rispetto a New York. Sono capitato bene, con la società mi trovo perfettamente e lo stesso vale per tutti i compagni di squadra. Sono contento, è una bella situazione». Entrare in una “trade” serve a conoscere il lato oscuro dell’Nba: i giocatori sono tenuti a eseguire le volontà dei club. «Nell’ultima settimana prima della “deadline” del mercato sentivo il mio agente tutti i giorni, per cui cominciavo a pensare che il trasferimento potesse davvero accadere e mi sono preparato mentalmente alla notizia». Possibile che sia bastato un solo cambio di luna per dimenticare i due anni e mezzo passati a New York? «Beh, mi mancano un po’ gli amici e i posti che ero solito frequentare. A Denver ci sono tante cose belle ma è difficile fare dei paragoni con New York: sono due posti diversi. È come passare da Graffignana a Milano, anzi viceversa. La gente, il mix di culture, l’approccio sono completamente diversi».
A Denver si notano una notevole educazione e una spontanea gentilezza in tutte le persone, tanto ordine e pulizia, meno traffico e poca polizia in giro. Non che manchino i problemi, come si intuisce dal numero di “homeless” che agli incroci attirano l’attenzione con cartelli dalle frasi di aiuto più disparate. Probabilmente vengono gestiti con meno tensioni, in maniera più pragmatica... «È vero - conferma il “Gallo” -, qui sono tutti molto cordiali e cortesi: questo mi è di sicuro aiuto nel gestire questa fase di transizione. La gente poi è molto attaccata alla pallacanestro e alla squadra, siamo molto seguiti. C’è molta attenzione verso lo sport: girando vedi tante persone che corrono e fanno attività per stare in forma». Chi viene da fuori necessita di un minimo di acclimatamento, non bisogna dimenticare che il “nickname” di Denver deriva dal fatto di essere un miglio, poco più di 1600 metri, sopra il livello del mare. L’aria è buona, la pressione dell’ossigeno si riduce, bisogna controllarsi. Se n’è accorto quasi subito anche Giacomino Bedei, il primo amico di Danilo arrivato domenica scorsa da Forlimpopoli, via Bologna, Parigi e New York. Una rotta molto più lunga e disagevole del viaggio Malpensa-Denver con scalo ad Atlanta, fatta lunedì dal vostro cronista in compagnia di Pino Cagnani, presidente del “Gallo Fan Club” e noto anche nel mondo Nba per essere stato il primo coach di Danilo. La curiosità di vedere come sta e il grande affetto per l’ala lodigiana sono di conforto alle tante ore di sonno smarrite in qualche aeroporto. Una spinta è arrivata pure dal calendario Nba, che prevedeva quattro partite casalinghe consecutive dei Nuggets dal 21 al 30 marzo. La prima (vinta 123-90 sui Raptors di Bargnani) è stata un trionfo che sottolinea l’eccezionale rendimento casalingo dei Nuggets, capaci di conquistare tre vittorie in fila con oltre 30 punti di scarto. Mercoledì notte Danilo e compagni hanno faticato a battere (115-112) gli Spurs, miglior squadra dell’Nba, uscendo nella parte conclusiva della gara, prima di pensare alla gara di stanotte con i Wizards.
Considerando che i Nuggets si allenano nel palazzetto dove giocano (a differenza dei Kniks che al “Garden” vanno solo per le partite) e che l’appartamento di Danilo dista non più di un quarto d’ora a piedi dal “Pepsi Center”, dimenticare i viaggi per una decina di giorni permette di vivere di più la città e la propria casa... «Avere tutto più a portata di mano dà la possibilità di rilassarsi un attimo, non è male. Il tempo libero, dopo gli allenamenti che facciamo di mattina, lo passo con gli amici; faccio due passi in giro per la città, ma non ho ancora avuto tempo di visitare i dintorni; e faccio spesso un salto per due tiri al campetto sulla collina; quindi shopping, qualche cena fuori e poi mi attacco skype per sentire gli amici e i genitori in Italia». Manca la presenza di mamma Marilisa, rimasta a New York fino a inizio marzo? «Beh quest’anno è stata tanto con me a New York, gestendo la casa dopo il mio spostamento a Denver. Sia lei che mio padre sono stati molto presenti: papà dovrebbe venire qui a inizio aprile». Nel frattempo ci pensano gli amici in arrivo dall’Italia, o da New York, a rifornire la dispensa di Danilo dei cibi italiani preferiti. Giacomino gli “foraggia” i drink perdendo sfide a ripetizione al campetto. È semplice avere feeling con Danilo. «Con i compagni fuori dal campo mi vedo spesso con Mozgov (il pivot russo arrivato insieme a lui, Felton e Chandler dai Knicks, ndr), Kosta, che è greco, e Nenè, il nostro pivot, un ragazzo davvero super. Sto splendidamente con tutti in squadra, abbiamo trovato rapidamente la chimica giusta: si gioca bene e i risultati sono più che discreti». I Nuggets hanno vinto 11 partite e ne hanno perse 4 dopo la “maxi trade” che li ha privati di Anthony (le sconfitte tutte “on the road”) e difendono con determinazione il quinto posto a Ovest. «L’obiettivo è arrivare a disputare i play off, è il traguardo che conta veramente, non solo nell’Nba: vogliamo arrivarci e poi giocarcela». Gallinari è stato voluto dai Nuggets, non a caso il coach George Karl, premiato con il rinnovo triennale del contratto in scadenza a fine stagione, si augura che la stella di Graffignana si innamori di Denver come Denver si è innamorata di lui. «Se può esserci similitudine nel modo di allenare e vedere il basket, coach Karl mi chiede cose diverse da quanto facevo con Mike D’Antoni ai Knicks. Ho un buon rapporto con Karl, parliamo e ci confrontiamo spesso. Con chi mi trovo meglio? Ho cambiato parecchi coach nella mia carriera e con tutti ho sempre trovato un’ottima intesa. È però difficile dire quello che succederà l’anno prossimo tra la negoziazione del nuovo contratto (quello in corso scade nel 2012, ma alle fine del terzo anno si comincia la trattativa, ndr) e il possibile “lock out”».
Passando al basket di casa nostra, Danilo sorride alla notizia dell’amichevole di ieri al “Campus” fra l’Assigeco e l’Armani Jeans, due suoi non tanto vecchi amori. «Dove avrei voluto giocare? Sinceramente me ne sarei stato molto volentieri in tribuna a godermi la partita...», ride. L’Armani Jeans è seconda in classifica, pur con qualche difficoltà, in Serie A: «È un momento sicuramente non facile, ma la posizione è buona e gli obiettivi rimangono ambiziosi. Credo che possa fare meglio dell’anno scorso e dare maggior filo da torcere a Siena». L’Assigeco è sempre in lotta per la salvezza... «È il secondo anno di LegaDue, non bisogna pretendere l’impossibile. Sta facendo bene, mi auguro che arrivi presto la certezza aritmetica della salvezza». La pausa del campionato di calcio per gli impegni della Nazionale italiana non impedisce l’apertura di una parentesi sull’amato Milan, atteso dal derby del 2 aprile, quando Danilo sarà in viaggio per le sfide con Sacramento (1 aprile) e Lakers (3 aprile). «Le ultime due partite, un pari e una sconfitta, non ci hanno permesso di presentarci al derby con tranquillità. È un peccato, però è più motivante. Questo derby è importante vincerlo». A Denver pure il calcio ha un notevole seguito: «Il proprietario della squadra di basket possiede anche quella di soccer: so che i Colorado Rapids vincono parecchio. Io mi concentro però sul basket. Abbiamo l’obiettivo di chiudere al massimo la regular season e presentarci ai play off con tutte le carte in regola per fare bene».
Dai tempi della “gold rush”, la corsa all’oro, la sofisticata capitale del Colorado è cresciuta e cambiata molto solleticando i sensi di abitanti e turisti dal mattino a notte inoltrata. Processo che non è ancora finito, come evidenziano i tanti lavori in corso in vari posti della città. Un po’ come i Nuggets che George Karl sta plasmando e spingendo a crescere augurandosi che il campione lodigiano rimanga uno dei pilastri della squadra. Anche se ai tifosi italiani costa un viaggio più lungo. Per Denver e Danilo ne vale la pena.
«A Denver mi trovo bene ma è difficile fare dei paragoni con New York: sono due posti diversi». Il giornalista del «Cittadino » Luca Mallamaci ha raggiunto Danilo Gallinari a Denver dopo il passaggio dai Knicks ai Nuggets. Tutta l’intervista
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