LODI Gabriele Peccati, l’allenatore anche un po’ scrittore, dei bambini. Certo, la sua passione è il pallone e anche quando scrive l’influenza calciofila si sente. E da centravanti «dai piedi buoni ma un po’ lento» ora è diventato il punto di riferimento delle società della zona per l’attività di base e le rappresentative giovanili.
Peccati, classe 1972, sposato con tre figli, cresce a Mulazzano,il suo paese di origine, dove comincia giocando fin dai 15 anni in Terza Categoria («Alla mattina giocavo negli Allievi e poi nel pomeriggio andavo in panchina con la prima squadra»), poi a 17 anni Jacopetti (che lo paragona ad Altobelli) lo vuole nella Juniores del Fanfulla e fa anche il suo esordio in Serie D con Chierico in panchina: «È stato bellissimo, anche se è durato poco, perché poi per otto stagioni ho girato sui campi di Promozione e Prima». Per la prezisione a Vizzolo, Borgolombardo, Motta Visconti, Codogno, Paullo, Montanaso, Melegnano e Lodi Vecchio. E a 26 scopre che è meglio allenare... «La scusa è il matrimonio, ma capisco che mi piace e comincio proprio a Melegnano - racconta -. Del resto riesco a ottenere presto il patentino di allenatore e allora arrivo al Fanfulla, cominciando dai Giovanissimi, anche se poi Jacopetti vuole partire dai Pulcini e mi affida i più piccoli». Va poi a Pavia quattro anni ancora con i Pulcini e poi i Giovanissimi, ma a un certo punto c’è un dirigente che vuole imporgli certe scelte. E Peccati non ci sta: «Ho imparato da un mio allenatore, Giuseppe Ferrari, un maestro nella gestione del gruppo, che l’allenatore deve essere libero, anche di sbagliare, senza dover render conto a nessuno. Allenare mi piace e pensavo che fosse tutto bello, ma mi rendo conto allora che un tecnico deve avere la valigia pronta, sempre e anche quando tutto sembra andare per il meglio».
Comincia allora a dare una mano alla Federazione, chiamato dal professor Ornigotti, e così non deve pensare solo ad allenare, ma si mette dietro la scrivania come docente per i tecnici del settore: «Questo lavoro mi appassiona e devo tenermi aggiornato, anche se ad anni alterni continuo con le Rappresentative Giovanissimi regionale e provinciale. Quest’anno le ho guidate entrambe, perdendo sempre ai rigori, con la prima arrivando a un passo dalla finale del “Torneo delle Regioni”. Questo incarico mi dà la possibilità di osservare tanti ragazzi, che sono magari usciti dal grande giro ma che vogliono comunque rimettersi in gioco. Ed è bello confrontarsi con i coetanei di altre regioni e affrontare in amichevole formazioni di società di nome, magari vincendo anche. Del resto io preferisco giocatori coraggiosi e altruisti, come canta De Gregori, che al di là delle capacità tecniche sappiano mettersi in relazione con i compagni e abbiano un forte spirito di squadra». Peccati ha anche una breve esperienza con la Juniores del Cavenago e per la prima volta allena in questa categoria: «È stato bellissimo e mi sarebbe piaciuto continuare, ma anche qui ci sono state delle incomprensioni e non c’erano le condizioni per continuare nonostante fossimo primi».
Si concentra allora sull’attività di base della Delegazione lodigiana della Figc raggiungendo ottimi risultati: «Seguo principalmente le scuole calcio con i ragazzini dai 5 ai 12 anni e devo dire che il territorio in questo senso è cresciuto molto: abbiamo quattro scuole calcio qualificate (Sancolombano, Real Qcm, Fissiraga e Casalmaiocco, ndr) sulle 26 totali in Lombardia e devo dire che molti tecnici, anche più anziani, hanno capito l’importanza di educare e formare i bambini. Tutto ciò qualifica e migliora il lavoro delle nostre società. E sono diversi anche i rapporti tra le diverse realtà della zona, perché si è capito che è inutile rubarsi i giocatori e andare ognuno per la propria strada: è meglio collaborare e perseguire obiettivi comuni». E anche per quanto riguarda i genitori Peccati non li demonizza di certo: «Sono una risorsa importante per chi fa sport e spesso danno un contributo determinante alla soluzione dei problemi e al lavoro delle società. Certo, devono capire che la competizione fine a se stessa non serve, perché il bambino deve giocare e divertirsi». E in questo senso Peccati è autore di un paio di pubblicazioni (“Il gioco nel calcio” e il più recente “Ti racconto una storia” col contributo dei figli) rivolto proprio ai tecnici dei più piccoli: «Sono un sussidio didattico per chi vuole sperimentare metodi di apprendimento dell’attività motoria e calcistica, soprattutto per i bambini che cominciano a dare calci al pallone, considerato che le fasce di età si abbassano sempre di più».
Da qui a scrivere racconti che hanno vinto anche concorsi il passo è breve: «Ho tre bambini piccoli, Giovanni, Giacomo e Davide, anche se i primi due mi hanno “tradito” e giocano a basket: a me piace raccontare loro delle storie e così ho pensato anche a metterle per iscritto, partecipando a qualche concorso. Non sono un letterato, anche se leggo molto, e comunque pare che siano piaciute».
Ma il grande calcio fa parte degli interessi di Gabriele Peccati? «Ero tifoso dell’Inter, ma non mi appassiono più. Ora seguo il calcio sudamericano e africano e per ragioni didattiche qualche tecnico. Mi piace molto Guardiola. Comunque se devo scegliere preferisco una partitella tra i bambini sotto casa». E come può essere diversamente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA