Sordi, a 83 anni non riesce ancora ad aspettare il fischio finale

San Giuliano Milanese Cinquantasei anni al servizio del Sangiuliano. Renzo Sordi è un pezzo di storia e di vita vissuta della società rossoblu (questi i colori sociali che da tre anni hanno sostituito il gialloverde - e originariamente gialloazzurro - della Sangiulianese) e in via Risorgimento, la sede storica della vecchia Sangiulianese e oggi quartier generale del settore giovanile dell’Atletico Sangiuliano (club nato dopo la fusione tra Atletico Cvs e Sangiulianese nel 2013), è molto più che un’istituzione. Dal 1960 a oggi, ogni santo giorno lo trovi al suo posto, alla sua scrivania da segretario e alla biglietteria alla domenica durante le partite. Il Sangiuliano è la sua seconda casa, la sua vita parallela che ha scelto quando ancora non portava i calzoni lunghi. Fotoincisore in pensione da tempo, sangiulianese doc classe 1933, due figli, Massimo di 52 anni e Guido di 44, oltre a quattro nipoti, Pietro di 12 anni che gioca negli Esordienti rossoblu, Elisa di 20, Benedetta di 9 e Anna di 7, Sordi dice soprattutto grazie alla moglie Luisa, che lo ha sempre assecondato in quella che per lui è più che una semplice passione: «Io penso sinceramente che al giorno d’oggi sia molto più difficile che una moglie sia così permissiva come lo è stata la mia. Oggi i tempi sono cambiati, per cui è raro trovare persone che possano dedicare tanto tempo a una società sportiva, togliendolo alla famiglia». Tanto tempo e tutto volutamente gratuito, da quando a 13 anni, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1946 si recava al campo sportivo, allora in via Trento e Trieste, per assistere alle partite della Sangiulianese: «Allora non c’era quasi nulla a San Giuliano a parte la Sangiulianese che la domenica pomeriggio ci teneva compagnia – afferma Sordi – e io, ragazzino, ero incantato da quei giocatori. Così da allora la società sportiva è diventata la mia seconda famiglia e un bel pezzo della mia vita». Fondato nel 1936, il club sudmilanese disputava in quel periodo il campionato sezione Propaganda, quella che potremmo definire la Prima Categoria di oggi: «Era tutto completamente diverso – continua lo storico segretario rossoblu –, il dirigente accompagnatore di quei tempi, si portava a casa palloni e maglie che custodiva sotto il suo letto, perché non c’era neppure un magazzino». Dopo i primi approcci da “tifoso”, Sordi entra ufficialmente in società nel 1960, occupandosi di segreteria e diventando in poco tempo il punto di riferimento di tutti i vari presidenti che si sono succeduti alla guida della società: «Ho sempre temuto il presidente magnate – confessa – quello che oggi ti porta alle stelle e domani ti lascia nelle stalle. Fortunatamente qui a San Giuliano non è quasi mai successo, anche se momenti difficili ne abbiamo vissuti». Con l’attuale numero uno dell’Atletico, Luigi Tosello, il rapporto è di grande e reciproca stima: «In tutti questi anni non avevo mai visto un presidente che tagliasse anche l’erba del campo – sorride Sordi – e infatti non ho mancato di dirlo a Tosello, un galantuomo, che sta facendo tantissimo per il Sangiuliano». Sordi, che oltre al calcio ama profondamente la lettura, è un vero e proprio divoratore di libri, parla poi del suo particolare legame con Rino Marchesi, l’ex allenatore di Inter e Juventus, tra le altre, e soprattutto ex giocatore della Sangiulianese da ragazzino e con il quale ha conservato un grande rapporto di amicizia: «Quando lui e altri due ragazzi passarono al Fanfulla, prima di venire acquistati dall’Atalanta, tutti davano per scontato che, dei tre, proprio Marchesi non avrebbe fatto strada, perché sembrava il meno dotato, e invece poi ha smentito tutti, con una grande carriera sia da giocatore che da allenatore. Poco tempo fa è passato a trovarmi e insieme abbiamo ricordato i vecchi tempi». Ha fatto strada anche Gianluca Spinelli, il preparatore dei portieri di fiducia dell’ex ct azzurro Antonio Conte, ora al Chelsea.

Ma ci sono tanti altri aneddoti che Sordi ricorda in tutti questi anni di Sangiulianese: «I primi anni in cui mi occupavo di segreteria, la cosa che più mi colpì fu che nelle iscrizioni ai campionati, che dovevo fare io essendo l’unico capace di scrivere a macchina, bisognava indicare anche la linea dell’autobus con il quale la società intendeva fare le trasferte. Sì perché allora in trasferta si andava con il pullman, ma non quello della società, bensì quello di linea». Il suo amore sconfinato per la Sangiulianese gli gioca però anche brutti scherzi: «Non sono quasi mai riuscito e non riesco tuttora a guardare per intero la partita – confessa – perché soffro troppo. Magari ne guardo solo un pezzo e poi telefono per sapere il risultato finale». Cosa che ha fatto anche durante lo spareggio che lo scorso maggio ha riportato l’Eccellenza a San Giuliano: «Una gioia immensa anche perché, pochi lo sanno, il direttore sportivo Vito Cera io lo conosco fin da bambino, quando giocava nella Sangiulianese, e il fatto di ritrovarmelo a distanza di tanti anni in un ruolo così importante mi ha fatto capire che forse qualcosa di buono abbiamo costruito in tutti questi anni». Oggi al campo spesso arrivano genitori ad accompagnare i figli che lo abbracciano, lo salutano, gli ricordano qualche episodio passato insieme: «Mi salutano, sono tutti ex giocatori passati da qui, ma io non mi ricordo di tutti, purtroppo. Ne ho visti talmente tanti che faccio davvero fatica all’inizio, poi basta un dettaglio e allora mi torna in mente tutto. Questo è senza dubbio l’aspetto più gratificante per me, tanto che spesso mi commuovo». E come dimenticarsi di una persona per bene, che per quasi sessant’anni ha donato tutto il suo tempo libero al Sangiuliano e oggi a 83 anni è ancora al suo posto?

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