Bimba salvata dalla dottoressa alpinista

Un incontro che le ha donato la vita. Quando il destino della piccola Sakina Batool ha incrociato, a 4mila metri d’altezza, quello della dottoressa Annalisa Fioretti, la bimba non poteva sapere che quel momento, per lei, significava rinascere. Troppo piccina per rendersi conto che il proprio cuore non funzionava come avrebbe dovuto, e che quei primi gesti che la dottoressa le aveva rivolto sarebbero stati l’inizio di una straordinaria avventura. Dopo pochi mesi, il viaggio dal Pakistan all’Italia insieme a papà Mohammad, due settimane in ospedale, un’operazione che, il 14 febbraio, l’ha salvata da un destino altrimenti già segnato. Perché Sakina, 5 anni fa, è nata con un difetto interventricolare che vuol dire, se non operato, un’aspettativa di vita assai ridotta. Ci sono voluti l’intuizione e la meravigliosa perseveranza di Annalisa e una gara di solidarietà che ha unito l’Associazione bambini cardiopatici, l’ospedale San Marco di Zingonia, dove la dottoressa lavora, e il policlinico di San Donato, dove la bimba è stata operata, per regalare a Sakina una vita normale. Insieme a una moltitudine di sconosciuti donatori che, raggiunti dal tam tam via web, non hanno esitato a mettere a disposizione il loro contributo.

«Sono un’appassionata di alpinismo, e l’estate scorsa ero in Pakistan a scalare un 8mila - il racconto di Annalisa -. Un giorno Gregg Mortenson (scrittore e filantropo promotore dell’istruzione in Asia centrale, ndr), sapendo che sono una dottoressa, mi ha portato la bambina. Eravamo a Korphe, un piccolo villaggio a 4mila metri dove Sakina vive in una capanna con la famiglia. L’ho visitata e mi sono resa conto che qualcosa non andava: da lì è cominciato tutto». È così che si è messa in moto la macchina che, a inizio mese, ha portato Sakina in Italia, con papà e interprete. Tanti giorni lontano dalla mamma e dai quattro fratellini sembrano non aver scalfito l’umore della piccola, paffuta e serena. «Una bimba che sorride è una bimba che sta bene», sintetizza guardandola il professor Alessandro Frigiola, direttore del reparto di cardiochirurgia del policlinico e dell’equipe che ha svolto l’operazione. Per lui, una nuova impresa in un lunghissimo palmares di vite salvate in ogni parte del mondo: «Sakina aveva un buco nella parete che separa i ventricoli. Ciò creava un’ipertensione che solitamente, in pochi anni, provoca danni irreversibili ai polmoni. Temevamo non superasse il post-operatorio. Invece ce l’ha fatta, e sabato tornerà in Pakistan: era una condannata, ora ha un’aspettativa di vita normale». Merito di un san Valentino che, grazie a tanta solidarietà, questa volta ha preso un cuore trafitto per restituirlo rigenerato.

Riccardo Schiavo

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