«Così abbiamo salvato la piccola Miriam»

Il cardiochirurgo Pomè

del Policlinico

ha operato Miriam:

«È la prima volta

che vedo un caso simile»

Aveva un tumore che era il doppio del volume del suo cuore. La piccola Miriam di soli 6 giorni è stata salvata da un luminare di San Donato, il cardiochirurgo pediatrico Giuseppe Pomè che ha lavorato insieme all’equipe della fondazione Ca’ Granda policlinico di Milano. Miriam rischiava di morire e ora, invece, sta bene e tra pochi giorni sarà dimessa.

«Era la prima volta - annota Pomé - che mi capitava di operare un tumore così, sia per dimensioni che per caratteristiche, nonostante sia abituato a trovarmi di fronte a certe situazioni». Pomé, infatti, classe 1955, è a San Donato, policlinico riconosciuto come leader nella chirurgia del cuore, dal 2000, all’interno dell’equipe dei professori Lorenzo Menicanti e Alessandro Frigiola. Nei 20 anni precedenti Pomé ha lavorato al Niguarda. Il collega della Mangiagalli, responsabile della chirurgia pediatrica Ernesto Leva non ha avuto dubbi: quando si è trovato davanti il caso di questa bambina ha chiesto anche la sua collaborazione. L’eccezionale intervento, durato 2 ore, è stato eseguito il 3 novembre al policlinico di Milano. La piccola Miriam era affetta da una massa mediastinica intrapericardica che consisteva in una forma tumorale benigna chiamata ‘teratoma a componente mista solida-cistica’. La presenza di questo tumore era già stata notata quando Miriam si trovava ancora nell’utero: per questo Nicola Persico, chirurgo fetale del Policlinico, l’aveva trattata con la laser terapia passando proprio attraverso l’utero, all’ottavo mese di gestazione. Questo intervento è servito a bloccare i vasi sanguigni della massa tumorale, e ad evitare che si ingrandisse ulteriormente. Alla nascita, avvenuta il 23 ottobre, ginecologi e neonatologi del Policlinico hanno utilizzato la procedura Exit: consiste nell’estrarre solo parzialmente il neonato dall’utero durante il parto cesareo e nell’intubarlo, sfruttando il suo legame con la placenta e il cordone ombelicale come una sorta di circolazione extracorporea. «Riuscire a garantire a Miriam la possibilità di respirare alla nascita, tramite procedura Exit, non era scontato - spiega Fabio Mosca, direttore della neonatologia della clinica Mangiagalli - perché la massa sul cuore premeva anche trachea e polmoni, e comprometteva la sua capacità di respirare in modo autonomo; e anche nei giorni successivi è stato necessario dare a Miriam un aiuto per farla respirare senza difficoltà». Il caso clinico, subito dopo la nascita della piccola, è stato discusso da un team di esperti del Policlinico, che hanno voluto aggiungere alla squadra anche la consulenza del dottor Pomé, massimo esperto di cardiochirurgia neonatale e pediatrica riconosciuto a livello internazionale. «L’intervento di asportazione della massa tumorale è da ritenersi riuscito al 100 per cento ­- commenta Pomè - dopo l’esito delle analisi istopatologiche sul tessuto rimosso, possiamo dire che l’operazione ha guarito definitivamente la piccola Miriam. Il tumore, le cui dimensioni erano più del doppio del volume del suo cuoricino, si situava all’interno del sacco pericardico, che è la membrana chiusa che avvolge il cuore, ostacolando il ritorno del sangue venoso verso le cavità cardiache. L’operazione, che nella mia trentennale esperienza chirurgica mi sono trovato ad affrontare per la prima volta, è consistita nell’apertura del sacco pericardico e nella rimozione totale del tumore dalla superfice cardiaca. Il delicato intervento è stato solo l’atto finale di una storia a lieto fine, reso possibile dalla collaborazione multidisciplinare fra diversi professionisti che da anni collaborano strettamente anche se operano in strutture sanitarie differenti».

Parla il cardiochirurgo Pomè del Policlinico di San Donato, era nell’equipe che ha operato la bimba a 6 giorni di vita

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