Ha dovuto attendere fino alle 23.45, due ore dopo il disastro, per abbandonare la nave. E, in assenza di scialuppa, si è dovuto gettare in mare senza sapere se mai sarebbe riuscito a raggiungere la terraferma. Con la paura di morire, quello stesso venerdì 13. Invece Silvio Marino si è salvato, 32 anni appena compiuti, massaggiatore di Zelo Buon Persico, imbarcato sulla Costa Concordia con un lavoro alla Spa. Ha raggiunto uno scoglio, nuotando in mare, al gelo. E poi, appollaiato nell’oscurità con pochi altri superstiti, ha atteso che arrivassero i soccorsi.
«Mi sono buttato in acqua, perché non c’erano le lance per portarci in salvo e ho cominciato a nuotare. La testa che mi gira, i piedi che non sento più e la stanchezza. Chi ha provato l’ipotermia sa di cosa sto parlando. Ho provato a riposare, ma l’orrore che ho visto mi ha fatto cambiare idea: pezzi di ferro e sdraio cadevano dai ponti alti e se mi avessero centrato non avrei mai potuto sopportare il peso».
La speranza è uno scoglio...
«Quando mi sono gettato non sapevo quanto avrei dovuto nuotare. Anzi, pensavo di morire: con me c’era una mia collega, le ho ceduto la mia lifejacket: lei non aveva nemmeno le scarpe e poi, ero convinto che non sarei sopravvissuto. Invece ho visto uno scoglio vicino. Per me sono passati giorni, ma in realtà ho nuotato per 10 minuti. Un ragazzo mi ha prelevato dall’acqua e mi ha urlato di correre più in alto possibile perché se la nave fosse affondata di colpo ci avrebbe preso tutti in pieno».
Ha atteso lì i soccorsi?
«Da questo momento in poi comincia la seconda parte del dramma. Vomito, freddo e dolore, sono riuscito a recuperare le mie amiche, terrorizzate quanto me. Il resto è riportato dai Tg e dai quotidiani, soprattutto la prontezza e la gentilezza degli abitanti del Giglio. Abbiamo avuto coperte, vestiti, biscotti. Tutto quello che potevano fare lo hanno fatto».
Sì, è vero, ma rimane il mistero di quello che è successo...
«Noi dell’equipaggio sappiamo solo che l’allarme è stato lanciato un’ora dopo rispetto al disastro. La nave ha colpito uno scoglio, aveva uno squarcio sulla chiglia, ma la prima comunicazione parlava di un guasto elettrico».
Può ricordarci quello che è accaduto?
«Siamo partiti come da routine alle 19. Alla Spa lavoravamo fino alle 22: ai passeggeri facciamo vedere il centro benessere, dove lavoravamo in 22, un gioiellino di 2000 metri quadrati. Ironia della sorte, abbiamo anche fatto un training sulla sicurezza un’ora prima, dove ci è stato spiegato quanto fossero importanti su un’ammiraglia come la Costa, i fattori di protezione e le vie di fuga».
Ed era venerdì 13...
«Non bisogna essere superstiziosi, lo so, ma potrei raccontare un aneddoto. La mattina in palestra suonava la colonna sonora del Titanic. Sulle navi da crociera è una cosa da non fare: è una cosa davvero di cattivo gusto. E poi sappiamo tutti cos’è successo dopo. Alle 21.45 il tragico incidente».
Vi siete accorti di quello che stava accadendo?
«Ai ponti alti (la nave ha 13 ponti e la Spa è all’undicesimo, ndr) non si è sentito nulla. Abbiamo visto l’acqua della piscina termale uscire e invadere la palestra e la nave inclinarsi. Nessun rumore, solo l’ondeggiamento, che ci ha fatto pensare al mare mosso. Poi la nave si è stabilizzata. La luce è venuta a mancare e dal ponte di comando è arrivato il primo messaggio. Sollecitava le persone a stare tranquille, suggeriva che si trattava di un guasto elettrico. Ma evidentemente si sapeva che non si trattava di quello».
Al comando sapevano che non era un guasto, ma voi?
«Non pensavamo a quello che è realmente successo. Se non un’ora dopo, col fatidico suono dell’allarme. Col Gps ho localizzato la mia posizione: eravamo vicini all’isola del Giglio. I passeggeri erano già in giro per il ponte e noi cercavamo di calmarli, dopo di che è iniziato il segnale di due squilli (che indica la falla) e dopo pochi minuti i sette squilli brevi e quello lungo che dà l’allarme».
A quel punto è scattata la procedura di evacuazione?
«Sì. Anche se il panico aveva già preso il sopravvento. I passeggeri erano già pronti con il giubbottino, ammassati l’uno con l’altro per essere imbarcati sulle lance di salvataggio (26 a disposizione, per 150 persone ciascuna), più tantissime altre scialuppe per l’equipaggio e altre di riserva. Il problema principale è che non tutte potevano essere utilizzate. Era passato troppo tempo e quelle sul lato obliquo non potevano essere calate in mare».
Non ce n’erano dunque per tutti...
«L’equipaggio ha fatto quello che poteva fare per calmare i passeggeri, alcuni che non rispettavano le regole, altri che fumavano o filmavano, forse nemmeno rendendosi conto del naufragio. Ma alla fine tutti sono stati imbarcati sulle lance. L’equipaggio, dopo che tutti i passeggeri sono stati messi in salvo, è stato portato alle lance. Ma non tutti purtroppo ce l’hanno fatta, il resto lo sapete».
So che delle responsabilità eventuali del comandante non vuole parlare, ma dopo il pericolo scampato ritornerà a bordo?
«Certo. Io mi imbarcherò di nuovo. Non ho dubbi, amo la vita di crociera, che forse non è da tutti. Bisogna adattarsi, hai una vita parallela. Le navi da crociera sono sicure: hanno manutenzione giornaliera. Ogni problema è risolto quotidianamente e velocemente. Noi non abbiamo mai avuto inghippi fino a quel venerdì, quando ti rendi conto che tutto può accadere, purtroppo anche a te».
Ritornerà quindi al suo lavoro alla Spa in giro per il mondo senza paure?
«Ho lasciato l’Italia qualche anno fa per recarmi in Inghilterra. Sapevo di poter crescere all’estero e mi sono specializzato nella mia professione. Avevo voglia di imparare le lingue straniere e poi, dopo vari colloqui, ho iniziato a gennaio 2011 sulla Costa Concordia il mio primo imbarco con un contratto di 9 mesi. Dopo un mese di piccola pausa sono tornato a novembre 2011 in attesa di trasferimento sulla Costa Neoromantica. Ero stanco del Mediterraneo e avevo chiesto il trasferimento sulla rotta Nord Europa- Dubai, Australia».
Silvio Marino, che lavora come massaggiatore sulle navi da crociera, ha raccontatato al “Cittadino” l’ultimo giorno sulla Costa Concordia prima del dramma al Giglio e come è riuscito a salvarsi
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