
Nessuna “verità” e nemmeno nessun formale sospetto, al momento, sul caso di Amal El Hainovi, la marocchina di 23 anni, una bella donna per chi l’aveva vista, precipitata martedì della scorsa settimana da una finestra del monolocale al quarto piano dello stabile di via Fratelli Rizzi in cui abitava da tempo con il marito A.R., sposato in Marocco, la loro figlia di tre anni e il fratello di lui, 24enne e malato. Proprio il marito, alla vigilia dell’autopsia, decisiva per fare chiarezza, è stato iscritto sul registro degli indagati , con contestuale notifica di un verbale di identificazione ed elezione di domicilio, per l’ipotesi di omicidio volontario aggravato perché commesso contro il coniuge e perché potenzialmente in relazione ad altro reato. Non risulta però che l’uomo sia stato sottoposto a misure cautelari: si trova già infatti agli arresti domiciliari per rapina, e la versione da lui resa dopo i fatti ai carabinieri, alla presenza del pm Giampaolo Melchionna, resta comunque tra quelle prese in considerazione. Secondo l’uomo, era trapelato, la giovane moglie sarebbe salita volontariamente sul davanzale della finestra e sarebbe caduta. Testimone del fatto, che potrebbe essersi verificato dopo un’accesa discussione, solo il fratello minore, che era stato interrogato per otto ore in caserma: anche le sue parole sono attentamente al vaglio.
Non trova invece riscontro ufficiale un’indiscrezione in base alla quale la donna, circa un mese e mezzo prima della tragica caduta, avrebbe tentato un gesto simile, venendo però salvata dal marito mentre era già appesa all’esterno della finestra.
Tra gli investigatori il riserbo è massimo e l’unica certezza è che la nomina di un difensore d’ufficio (cui nei prossimi giorni potrebbe subentrare un avvocato di fiducia) era stata fatta per dare la possibilità al marito di incaricare un proprio medico legale per partecipare all’autopsia, che è un atto irripetibile. I coniugi marocchini, entrambi originari di Oued Zem, nel cuore antico e rurale del Marocco, in passato avrebbero anche avviato le pratiche per il divorzio, nella loro terra, ma di fronte all’incertezza sul futuro della figlioletta avrebbero desistito all’ultimo. La donna, che aveva un lavoro in una casa di riposo di Milano, si sarebbe anche allontanata per un certo periodo dalla casa familiare, finendo ospite in una comunità, ma negli ultimi tempi il menàge familiare avrebbe subito un’ulteriore incrinatura, forse lei era incinta (di chi, e se questa ulteriore indiscrezione sia attendibile, è da chiarire) e il marito, avendolo appreso, avrebbe pensato al ripudio. Questo, se confermato, potrebbe aver scatenato la violenta discussione che ha preceduto la tragedia. Se poi sia sfociata in un atto violento, come gli inquirenti non escludono ma nemmeno danno per scontato, oppure in un atto dimostrativo di autolesionismo da parte della donna o peggio ancora in un gesto disperato, da una finestra pare piuttosto alta rispetto al piano del pavimento, questo resta da chiarire. Lo stato degli atti, per quanto trapela, è di nessuna presunzione di colpevolezza. Ma si deve togliere ogni dubbio sul grave episodio.
Svolta nell’inchiesta sulla giovane donna marocchina morta a San Giuliano dopo essere precipitata da una finestra della sua abitazione al quarto piano di un palazzo di via fratelli Rizzi: il marito finisce sul registro degli indagati per l’ipotesi di omicidio volontario aggravato
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