La operò nel grembo materno, dopo 20 anni l’incontro

Le ha salvato la vita con un intervento unico al mondo quando era ancora nel ventre della mamma. A distanza di 20 anni Michela Tomatis ha stretto la mano al dottor Mario Carminati, oggi direttore di Cardiologia pediatrica del Policlinico San Donato. Per la giovane studentessa che senza quell’operazione pionieristica eseguita a Londra nel 1991 non sarebbe forse nemmeno nata, è stata un’intensa emozione. Aveva una stenosi valvolare aortica, che è stato corretta con una valvuloplastica. All’epoca di operazioni del genere ne erano state eseguite solo quattro al mondo e lei è l’unica sopravvissuta. Michela ha conosciuto lo specialista, il quale ha vissuto con commozione l’incontro con quella che oggi è una giovane donna, nel corso del work shop internazionale di cardiologia pediatrica interventistica, che si è appena concluso a Milano. Tra i casi esaminati il suo indubbiamente ha catturato in modo particolare l’attenzione perché all’importante traguardo scientifico raggiunto si è abbinato un intenso risvolto umano. La mamma della ragazza aveva saputo al settimo mese di gravidanza che la bimba che aspettava era affetta da una malformazione che le era stata riscontrata con un’ecografia. Si rivolse al dottor Carminati, il quale le prospettò di partire per Londra al fine di sottoporsi ad un intervento di valvuloplastica intrauterina sperimentale, quale unica possibilità di salvezza per la piccola. È stata operata al Guy’s Hospital, senza anestesia, per evitare che il feto si addormentasse nella posizione sbagliata. La signora ricorda tutto di quel giorno che si è concluso con l’annuncio dello specialista che l’intervento era ben riuscito. Dopodiché una volta nata la bimba è stata sottoposta ad altre due operazioni, di cui una quando aveva pochi giorni e quella successiva condotta dallo stesso Carminati a Bergamo ad un mese dalla nascita. Nel corso della crescita Michela è stata tenuta sotto controllo, tre anni fa le è stata sostituita la valvola aortica, oggi conduce una vita normale, come quella delle sue coetanee. Ha iniziato a giocare a pallavolo, frequenta l’ultimo anno di istituto tecnico e vuole fare l’educatrice per lavorare a fianco dei ragazzi disabili. A distanza di vent’anni, nonostante i grandi passi compiuti, anche in termini di dotazione strumentale, interventi come questo, in cui è stato toccato un traguardo altamente all’avanguardia, non sono certo di routine. Tanto che sulla questione è stata puntata l’attenzione nel corso del summit di luminari dove, alla presenza della protagonista e della sua famiglia, è stato illustrato un caso che, oltre ad essere oggetto di avanzati studi, resta soprattutto una bella storia a lieto fine.

Giulia Cerboni

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