MAFIA I tentacoli della ’ndrangheta si allargano sul Sudmilano, 10 condanne al clan Maiolo-Manno
La Dda di Milano sequestra una casa e due Jaguar a Peschiera e terreni a Spino
Due Jaguar, un appartamento a Peschiera Borromeo e due case con stalla e terreno a Spino d’Adda. Questi sono alcuni dei beni sequestrati nell’ambito dell’inchiesta sulle ‘ndrine in Lombardia legate al clan Maiolo-Manno, attraverso la “locale” di Pioltello. Lunedì si è concluso il processo in primo grado, con dieci condanne in rito abbreviato, tra cui quella del presunto “capo” Cosimo Maiolo, 58 anni, che dovrà scontare 12 anni e 8 mesi di carcere. Con lui anche i suoi tre figli Salvatore (10 anni e 8 mesi), Antonio (8 anni e 8 mesi) e Omar (6 anni), il fratello del presunto boss, Damiano (9 anni e 2 mesi) e il nipote Giovanni (8 anni e 10 mesi), tutti accusati di associazione mafiosa e altri reati.
L’inchiesta della Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Milano, condotta dalla polizia di Stato, ha svelato come l’organizzazione criminale operasse sia con i metodi tradizionali, come il traffico di droga, le estorsioni, le intimidazioni e le armi, sia con quelli più sofisticati, come l’infiltrazione nei business, la manodopera a basso costo e gli “affari” sul trasporto salme in piena pandemia. Non disdegnando di “controllare” la politica indirizzando il voto (sostenendo il candidato di centrodestra a Pioltello, poi non eletto). Il giudice Anna Calabi ha condannato anche gli altri imputati, tra cui Luca Del Monaco (10 anni e 10 mesi) e Fabio Ferrera (7 anni e 9 mesi), e ha disposto per alcuni di loro la misura di sicurezza dell’assegnazione a una casa di lavoro per tre anni. Ha anche riconosciuto il danno subito dall’associazione Wikimafia aps, a cui ha assegnato una provvisionale di 17mila euro a carico degli imputati. L’inchiesta aggiunge un nuovo capitolo alla maxi indagine Crimine - Infinito, arrivata alla sentenza definitiva nel 2014, che aveva tracciato la geografia della ’ndrangheta in Lombardia, già individuando la “locale” di Pioltello con i suoi vertici familiari. Cosimo Maiolo e i suoi complici, secondo le accuse, hanno cercato di imporre la loro legge in una zona dove la mafia non era mai stata così forte. Ma la giustizia, almeno al primo “round”, ha avuto la meglio.
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