Mediglia, si costruisce la piscina in giardino, dopo 15 anni rischia di doverla demolire
Per Comune e giudici: «Troppo vicina alla strada, è un abuso edilizio»
Una battaglia lunga quindici anni per far chiudere una piscina ritenuta abusiva a Robbiano di Mediglia. Un braccio di ferro iniziato nel 2005 tra l’amministrazione comunale e un privato cittadino, che per non rinunciare alla vasca da 15 metri per quasi 8 metri si è rivolto al Consiglio di Stato. L’ultimo appello, dopo che in tutti i gradi di giudizio amministrativo, è stato riconosciuto l’abuso edilizio contestato dall’ente. «Abbiamo vinto in tutti i gradi di giudizio e intendiamo andare fino in fondo, perché non siamo disposti ad accettare simili ed evidenti abusi edilizi – sottolinea il sindaco Paolo Bianchi -. Non parliamo di un cittadino che ha cercato di ingrandire una casa troppo piccola, in un periodo di grosse difficoltà come quello del Covid. Parliamo di una piscina costruita nel 2005 su una proprietà privata, ma in piena fascia di rispetto della vicina strada provinciale. Un’opera eseguito nonostante la comunicazione da parte dell’ente di improcedibilità della denuncia di inizio attività. Insomma: si è fatto ciò che si è voluto, nonostante l’intervento dei nostri uffici. È ora di cancellare ogni impronta di abuso sul nostro territorio». È intenzione dell’amministrazione comunale chiedere la demolizione, in quanto non sarebbe possibile il condono.
«Per larga parte la superficie della piscina, realizzata senza alcuna autorizzazione, insiste su un’area in cui non è possibile costruire – prosegue Bianchi -. Dal 2006 non si è ancora chiusa la causa e la piscina è ancora in uso. Quel che dispiace è che solo quattordici anni dopo si potrà giungere a un pronunciamento definitivo con costi a carico della comunità». Il privato aveva presentato a dicembre del 2004 la denuncia d’inizio attività, che è stata ritenuta improcedibile. Nonostante tutto i lavori sono stati comunque svolti. Da qui l’ordine di abbattimento della piscina e dei vani tecnici interrati, che è stato impugnato avanti al Tar (Tribunale amministrativo regionale) dai proprietari. Una querelle su cui oggi l’ultima parola verrà scritta dal Consiglio di Stato.
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