SAN DONATO Eni e Snam, via al rientro in presenza. I sindacati chiedono tamponi gratuiti per i non vaccinati
Solo la metà dei dipendenti potrà tornare per il momento alla propria scrivania
Le grandi aziende di San Donato si preparano al rientro della metà dei lavoratori in presenza, ma le scrivanie dovranno comunque rimanere per il 50 per cento vuote. Dopo una lunga stagione fatta di lavoro svolto da casa, nelle scorse settimane si è così messa in moto l’organizzazione, che fa leva sul Green pass, per una ripresa della normalità che sarà comunque parziale. Patendo da Eni, la Rsu aziendale si è già fatta avanti con un comunicato in cui chiede al colosso energetico il tampone gratuito per quei dipendenti che non hanno aderito alla campagna vaccinale, i quali dovrebbero quindi effettuare a loro spese il test anti-Covid ogni 48 ore (che diventano 72 ore in caso di tampone molecolare) per avere il certificato verde. “La Rsu - si legge -, ritiene che un’azienda come Eni, dotata di strutture mediche presso gli uffici, debba organizzarsi per permettere l’effettuazione di tamponi presso il Centro medico Eni servizi o l’attiguo Punto Raf e che possa anche permettersi di pagare i tamponi. Lo abbiamo chiesto - sottolineano i rappresentanti dei lavoratori in una nota rivolta ai loro colleghi -, e ci è stato risposto che non è un obbligo di legge: riteniamo che l’azienda possa fare di più”. Qualche perplessità viene inoltre mostrata per la decisione dell’azienda di istituire il turnover di impiegati che ricominceranno a timbrare di persona il cartellino. “Non piace l’opera di “demonizzazione” dello smart working - osservano i sindacati -, fino a ieri un efficace strumento di lavoro che per un anno e mezzo ha consentito la continuità produttiva, che oggi sembra diventato una semplice scappatoia per evitare il Green pass”. Anche in Snam, a partire dal 3 novembre, il 50 per cento del personale avrà l’obbligo di trascorrere, previa prenotazione, due giorni alla settimana in ufficio.
L’attenzione della Rsu in questa fase è rivolta anche alla tutela dei lavoratori caregiver che hanno quindi a casa delle persone fragili le quali, se si ammalassero di Covid, potrebbero avere delle gravi conseguenze. Riguardo i quesiti posti, la Rsu in una nota fa sapere: “Al momento l’azienda ha dichiarato di attenersi alle sole disposizioni di legge non equiparando quindi gli stessi ai dipendenti fragili ai fini dello smart working”. Al tempo stesso altre criticità vengono messe in evidenza riguardo il distanziamento negli uffici che saranno interessati dal “desk sharing” ovvero da postazioni che a rotazione saranno utilizzate da più impiegati. Insomma, dopo un anno e mezzo in cui ha fortemente prevalso la formula del lavoro svolto da casa, anche la prospettiva di ripresa, in una fase in cui il capitolo pandemia non si è ancora chiusa, sta comportando delle apprensioni esternate dai rappresentanti delle migliaia di impiegati che fanno capo ai palazzi di vetro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA