Scomparso da 14 mesi a Roma, l’appello del padre per il 37enne di Pantigliate

Sono trascorsi quattordici lunghi mesi, ma Daniele Potenzoni non è ancora tornato a casa. Non si trova, è come scomparso il 10 giugno 2015, dopo una gita con altri pazienti disabili, “dimenticato” a Roma da chi avrebbe dovuto vegliare su di lui. Lui che di anni ne ha 37, che abitava a Pantigliate con la famiglia, che aveva tanti sogni prima che la malattia trasformasse il suo futuro. Ora il padre Francesco con la moglie e i due figli lo cercano disperatamente.

A Roma e anche a Milano, dove nel mese di giugno Daniele sarebbe stato avvistato in più occasioni. «Abbiamo tappezzato la città con i nostri volantini, grazie ai volontari che ci stanno seguendo sia a Roma che a Milano – racconta Francesco -. Una segnalazione interessante è venuta da un barista, titolare di un locale in Porta Genova: è sicuro che da lui è entrato Daniele. Ha chiesto dov’era il bagno, ha sbagliato la porta prendendo quella per la cantina, mentre il barista gli ha fatto vedere qual era quella giusta. Era il 25 giugno. Poi è stato visto di nuovo in via La Marmora da un signore anziano che lo ha seguito e gli ha scattato anche delle foto, ma solo da dietro. La corporatura è quella di Daniele ma non possiamo dire con certezza che sia davvero lui». Certo Daniele, ammesso che il ragazzo avvistato sia il figlio scomparso della famiglia Potenzoni, è cambiato. «Il barista mi ha detto che aveva la barba, i capelli cresciuti (Daniele aveva la testa rasata, ndr) ed era un po’ sporco, segno che poteva vivere in mezzo alla strada – racconta il papà -. Quel che conta è però che stava, nonostante tutto, bene. E io confido con tutto il mio cuore di poterlo riabbracciare, di portarlo a casa, da chi lo ama».

Ma trovarlo non è semplice. Senza peraltro sapere come possa essere stato possibile “perdere” un soggetto disabile durante una gita. «Nessuno si è mai rivolto a me – racconta Francesco -. Non ho sentito gli infermieri, non ho sentito l’operato sanitario che seguiva Daniele. E sinceramente, dopo 14 mesi dalla scomparsa di mio figlio, adesso preferisco che le persone che lo hanno perso non si facciano sentire. Ci sono delle indubbie responsabilità e sarà l’autorità giudiziaria a stabilirle. Io pretendo giustizia. Il mio Daniele, che tenevo curato come un fiore, mi è stato portato via e voglio sapere come ciò possa essere avvenuto. Non ho perso solo Daniele, ma la mia famiglia, perché mia moglie e i miei figli sono distrutti».

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