Vizzolo, in coma dopo l’appendiciteRisarcimento a rischio per Sara

La polizza non era operativa al momento della richiesta di risarcimento danni. Molto probabilmente scaduta e non ancora rinnovata.

È a rischio l’eventuale risarcimento danni destinato alla famiglia di Sara Ippolito, in stato vegetativo dopo una tragica operazione di appendicectomia all’ospedale di Vizzolo nel gennaio del 2010.

La ragazza ora si trova al Pio Albergo Trivulzio di Milano, dove è stata trasferita dalla clinica Maugeri di Pavia. Presto, però, potrebbe tornare a casa, dove i familiari insieme ai tecnici del comune stanno valutando le modifiche al suo appartemento per permettere, a chi si occuperà di lei, di muoversi con facilità. La sua storia, nel frattempo, è nella mani degli avvocati Claudio Santandrea e Daniela Bertolotti, che hanno citato in giudizio l’azienda ospedaliera e i medici che si sono occupati del caso per accertare quel che è accaduto in quei drammatici giorni di gennaio dello scorso anno. Se molti dubbi sulla dinamica ancora non sono stati chiariti, nel documento con l’Ao del circolo di Melegnano formalizza l’incarico allo studio legale Paolo Vinci per la citazione in giudizio, emerge un altro inquietante dettaglio. Ovvero che la compagnia Llyod’s di Londra, che supporta l’ente nella gestione dei rapporti di assicurazione, con una nota inviata lo scorso ottobre all’ospedale, ha contestato «l’operatività della garanzia invocata dall’azienda ospedaliera stessa». Ovvero che la polizza in questione non fosse attiva al momento della rilevazione dell’atto lesivo da parte dello studio legale che difende gli interessi della giovane e della sua famiglia. Probabilmente per il tipo di polizza sottoscritta dall’ospedale stesso. Una circostanza che i legali già temevano e che ora è diventata una realtà. E su cui si saprà qualcosa di più alla fine del mese, termine entro il quale tutte le assicurazioni coinvolte dovrebbero costituirsi in giudizio per la prima udienza del caso, in agenda per il 5 ottobre prossimo. Se dovesse essere accolta la tesi della compagnia assicurativa, che contesta che la polizza fosse operativa al momento della richiesta di risarcimento danni, e il tribunale dovesse riconoscere un eventuale dolo, i danni sarebbero a carico dell’azienda ospedaliera stessa. Con le intuibili difficoltà di un’amministrazione pubblica di sostenere le spese per i risarcimenti. Il problema però è anche un altro: ovvero il fatto che molti di questi casi non si risolvono in dibattimento, ma con accordi in cui hanno un ruolo fondamentale proprio le assicurazioni. I legali di Sara, quindi, non avrebbero un interlocutore con cui eventualmente cercare un accordo. Coinvolti nel caso, ci sono anche le assicurazioni dei tre medici, che hanno affidato la loro difesa agli avvocati Paolo Vinci e Salvatore Cataldo. Assicurazioni i cui massimali sono bassi e non superano i 50 mila euro. Per Sara e la sua famiglia, però, la situazione è sempre più difficile, «anche per la mancanza di risposte dall’azienda ospedaliera, dalla regione e, non ultima, dalla commissiona parlamentare d’inchiesta - argomenta l’avvocato Claudio Santandrea - sollecitata più volte e da cui non abbiamo ricevuto alcun segnale».

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