Caitlin, la giocatrice dei record

Una storia di basket che ci carica un po’

Ero adolescente quando ho letto per la prima volta il libro “America perduta”, di Bill Bryson. L’avevo in casa, era di mia mamma, in una bella e logora edizione Feltrinelli che poi mi sono portato via quando mi sono trasferito. Non ricordo granché di quello che c’era scritto, se non l’inizio, quello mi è rimasto impresso per sempre: “Sono nato a Des Moines. Capita”. Dopodiché, l’autore inizia a raccontare del perché la città capitale dell’Iowa sia un mortorio, ed è un ritornello che ho sentito tante volte ripetere anche da tanti miei coetanei lodigiani. Eppure, la storia che volevo raccontarvi con questa newsletter parte proprio da Des Moines, e non è un mortorio. 

È la storia di Caitlin Clark, giocatrice della squadra di basket femminile dell’Università dell’Iowa, che si chiama Iowa Hawkeyes e gioca ad Iowa City. Iowa City che, paradossalmente, non è la capitale dello stato americano dell’Iowa, perché la capitale è appunto Des Moines, città natale di Caitlin. 

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La ragazza, probabilmente, avrebbe potuto passare l’adolescenza a lagnarsi di quanto Des Moines fosse un mortorio, invece l’ha passata giocando a basket, e questo le ha permesso di raggiungere, a 22 anni, un record che ha fatto parlare di lei un po’ ovunque, almeno in America. Caitlin, infatti, ha segnato più punti di qualsiasi giocatore o giocatrice nella storia della Division I della Ncaa, che è come se fosse la serie A del basket dei college americani. Una vera e propria stella, quindi, che con i suoi 3.685 punti (questo il livello a cui è arrivata domenica scorsa) ha superato il record femminile (conquistato nel 1981 da Lynette Woodard) e quello maschile, che resisteva addirittura dal 1970, e portava il nome di tale Pete Maravich.

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Nei giorni scorsi, la Nike ha voluto celebrare il record di Caitlin mettendo due cartelli nel centro di Iowa City: in uno, c’è la giocatrice che tira, nell’altro, dall’altra parte della strada, il pallone che si infila nel canestro. E la scritta in inglese: “This was never a long shot”. Il significato letterale sarebbe: questo non è mai stato un tiro da lontano, ma “long shot” è un modo di dire che si traduce anche come “azzardo”.

“Non è mai stata una scommessa azzardata”

Mi piaceva raccontarvi di questa storia perché quando abbiamo a che fare con i bambini, sia come genitori che come zii o come insegnanti o educatori, la cosa migliore che possiamo fare è credere in loro: non sarà mai una scommessa azzardata perché credendo in loro non rischieremo mai di perdere.

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