
Tarantasio / Lodi
Venerdì 11 Aprile 2025
La leggenda delle conchiglie che cantano il rumore del mare
IL RACCONTO La storia di Sir Pagurelotto scritta da Francesca Fornaroli
Lodi
Dicono che il mare racconti segreti solo a chi sa ascoltare. E tra tutte le sue onde e meraviglie, c’è una storia che pochi conoscono: quella di Sir Pagurelotto, un paguro conosciuto per essere stato il più efficiente custode di sussurri degli abissi. «Una vita trascorsa a scegliere con cura la mia casa e ancora oggi, qualche volta, rischia di essere portata via da qualche umano» borbottava a volte tra sé. In effetti chi d’estate non ha raccolto conchiglie in mare? Tutte contengono delle sorprese: alcune dei piccoli molluschi, altre ospitano lumachine di mare, vongole, padelle, cozze e, la maggior parte, paguri. E sono docili perché si lasciano toccare (mica come i granchi che non vedono l’ora di pizzicare con le chele) ma l’importante è lasciarli di nuovo in mare, soprattutto se si ha tra le mani paguri speciali come Sir Pagurelotto. La sua carriera è iniziata per passione e necessità: era alla ricerca di una nuova casa che riuscisse a contenere i suoi canti.
Così ogni volta che trovava una conchiglia nuova, ci entrava e ci faceva risuonare la sua voce. Alcune di esse suonavano profonde come tamburi, altre leggere come flauti. Ma Pagurelotto cercava quella perfetta, quella che potesse custodire per sempre le sue canzoni più belle. Un giorno, mentre cantava su una barriera corallina, fu ascoltato da Marea, la dea del mare. Incantata dalla voce del piccolo paguro, scese dagli abissi per incontrarlo. Ascoltandolo dal vivo rimase ancora più ammaliata e decise di premiarlo con la conchiglia perfetta. «Però in cambio - esclamò Marea - dovrai raccogliere tutti i sussurri del mare, vale a dire quelli emanati dalle onde, dalle sirene e dai delfini perché desidero il silenzio». E così fu. Passarono gli anni e quella casa capiente si gonfiò sempre di più, tanto che dovette costruirsi un armadio di sabbia su una scogliera perché all’interno non c’era più spazio per i suoi retini. E i giorni passavano ma Pagurelotto resisteva, non si lamentava. Fino a che, mentre afferrava il canto di un delfino, lo sorprese il rumore di un grosso frastuono.
La sua amata abitazione si era rotta, si era aperta in due. Ecco allora che con il retino cercava di raccogliere le sinfonie delle sirene, lo scroscio delle onde, i fruscii delle alghe e i canti delle balene, ma invano. Tutta la fatica andata persa e allora Pagurelotto scoppiò in un pianto fortissimo: «E ora cosa dirò a Marea? Che ne sarà di me?». Mentre piangeva il mare ricominciò però a emanare un nuovo suono, più melodioso e dolce. Questo perché le sue conchiglie e paguri amici raccolsero in un battibaleno tutti i sussurri e se li divisero equamente tra di loro affinché non pesassero troppo dentro il loro guscio. Certo era impossibile contenere tutti i sussurri (a meno che non si volesse scoppiare come Pagurelotto) e quindi alcuni furono lasciati nell’ambiente marino. Ed ecco allora che gli abissi acquisirono un nuovo aspetto e le conchiglie cominciarono ad emanare un suono se appoggiate alle orecchie umane.
Gli scienziati ritengono che in realtà i suoni delle conchiglie siano dovuti all’aria intrappolata all’interno della loro cavità vuota che provoca un’eco assimilabile a quello della risacca del mare. Però a noi piace pensare che in realtà contengano veramente i sussurri degli abissi. Quella notte, sotto il cielo pieno di stelle di plancton e luce lunare, il piccolo Pagurelotto cantò una canzone mentre la dea Marea cullava il mare con le sue onde, facendo addormentare tutti serenamente.
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