«Il segreto di questo festival? Non parlerei di segreto, ma di ricetta giusta. Una ricetta fatta di tanti ingredienti, che messi assieme hanno consentito di offrire un piatto che i lodigiani, e non solo loro, hanno dimostrato di apprezzare». Usa una metafora culinaria Andrea Ferrari, assessore alla Cultura del Comune di Lodi e “mente” della rassegna dedicata ai Comportamenti umani (prosecuzione di quella sui vizi capitali), per spiegare le ragioni del successo del festival cittadino, che quest’anno ha portato più di 15mila persone - un record - in riva all’Adda per un lungo fine settimana all’insegna della letteratura e delle arti (musica, teatro, cinema...).
E quali sono gli ingredienti giusti, assessore?
«Sono anzitutto la capacità di lavorare insieme e in rete con le altre istituzioni (Provincia e Camera di commercio) e con i singoli e le associazioni che sul territorio si occupano di cultura. E poi l’aver formato uno staff di lavoro, con la struttura dell’assessorato, capace di allestire con l’aiuto di consulenti bravi (e poco costosi) un programma di qualità e in grado di attirare i più diversi palati. Diciamo che la macchina è ormai rodata dopo 10 anni e i risultati si vedono. La cultura richiede tempo e pazienza perché renda e questa rassegna ne è la riprova. Ormai è diventata “maggiorenne” e funziona, attirando molta gente anche dalle aree limitrofe al Lodigiano».
Ha qualche dato in proposito?
«Da una prima analisi dei questionari che abbiamo distribuito al pubblico è emerso che almeno il 40% di chi ha partecipato agli incontri veniva da fuori; in gran parte da Cremasco e bassa Bergamasca, in misura minore da Milano. E questo è un segno di grande salute per il festival».
Lei ha parlato di struttura comunale e consulenze poco onerose...
«Sì. È un’altro dei nostri punti di forza. Siamo quasi certamente il festival meno costoso d’Italia. Dall’anno scorso a quest’anno siamo passati da 90mila a 65mila euro di spesa complessiva, di cui solo 30mila a carico delle casse comunali e gli altri coperti da sponsor privati. Con queste cifre allestire un cartellone con Ligabue, Benni, Cristicchi, Daverio, Terzani, Malvaldi, De Giovanni, Telese e molti altri è stata una piccola impresa di cui andiamo molto fieri. Oltretutto gli eventi erano gratuiti».
Già, la gratuità. Ma non è ora secondo lei di far pagare qualche evento come avviene al Festivaletteratura di Mantova e in molte altre manifestazioni del genere, facendo capire anche così il valore di una proposta?
«Noi crediamo - a maggior ragione in un momento di crisi - che si debba cercare di offrire cultura a tutti, senza oneri. Certo è sempre più difficile seguire una linea del genere e non escludiamo l’anno prossimo, di fissare un prezzo “politico” per alcuni eventi, magari per gli spettacoli, che sono i più costosi da sostenere».
Qualcuno ha lamentato intoppi sul piano organizzativo, c’è qualcosa che non è filata come doveva?
«Lamentarsi che le sale erano piene fa sorridere e in alcuni casi sono stati gli artisti a scegliere dove incontrare i cittadini (come ha fatto Ligabue per il suo libro). Accade in tutti i festival, quando poi non si paga c’è la corsa al posto. Comunque stiamo pensando a realizzare, con il coinvolgimento di uno sponsor, un palatenda in piazza per gli eventi di maggior richiamo l’anno prossimo».
E la risposta degli operatori commerciali, come la valuta?
Indubbiamente qui qualcosa non è andato per il verso giusto. Noi ci sforzeremo di coinvolgerli maggiormente, ma ci aspettiamo anche da parte loro una maggiore attenzione alla cultura e al suo indotto».
Marco Ostoni
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