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Un gentiluomo a Mosca con un grande Ewan McGregor

Un aristocratico russo, il conte Alexander Rostov, viene messo agli arresti domiciliari all’hotel Metropol di Mosca: basterebbe anche solo un piede fuori dall’albergo e verrebbe giustiziato. Il nobile di cui stiamo parlando è interpretato da un grandissimo Ewan McGregor e la serie tv sotto i riflettori è “Un gentiluomo a Mosca”, ambientata in Russia dopo la Rivoluzione d’ottobre. Se dentro all’hotel Metropol il conte si adatta alla sua nuova vita dopo la decisione del tribunale bolscevico, scoprendo il valore della resilienza, fuori dal lussuoso albergo il regime sovietico sprofonda nella tirannia.

Alla regia c’è Sam Miller, il quale si è ispirato all’omonimo romanzo storico che lo ha profondamente colpito, scritto da Amor Towles e pubblicato nel 2016. Miller si serve della voce “off” di un altro personaggio, la piccola Nina Kulikova (Alexa Goodhall, L’ora del diavolo), per raccontare che cosa sta accadendo. La bambina è una delle persone con cui il nobile fa amicizia, oltre all’attrice Anna Urbanova (Mary Elizabeth Winstead), in un albergo che si rivela pieno di spie. Nonostante la sua condizione di recluso, il conte riuscirà a dare un senso alla sua vita grazie alla sua tenacia e al suo coraggio, ma soprattutto grazie alla sua gentilezza, non a caso è “un gentiluomo a Mosca”, come sintetizza il titolo. La gentilezza utilizzata come arma per difendere la propria dignità e per andare avanti, scoprendo giorno per giorno quanto contino le piccole cose e quanto sia importante il senso della comunità. A salvargli la vita in tribunale è una poesia scritta in gioventù, erroneamente considerata un’ode al comunismo.

È ben presto evidente che questa serie tv si regge tutta sulla grande interpretazione di Ewan McGregor (produttore esecutivo della serie), abile nel restituirci l’immagine di un nobile appassionato e malinconico, attraverso la sua storia personale si mettono a confronto passato e presente, mentre il nuovo ordine sovietico si fa sempre più tiranno e violento. All’inizio del racconto, quando il conte non viene giustiziato ma confinato tra le mura dell’hotel, viene spontaneo chiedersi che cosa avremmo fatto noi al suo posto, di fronte all’obbligo di vivere tutta la nostra viva in un solo luogo.

Forse il problema di “Un gentiluomo a Mosca” è legato all’evoluzione del racconto, che tiene in considerazione un ampio periodo storico, dovendo necessariamente condensarlo nelle puntate che a volte procedono molto lentamente

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