In provincia di Lodi lavoratori somministrati raddoppiati in dieci anni

Nel 2013, quando fu istituita la forma contrattuale, erano 1.163: oggi invece sono 2.258

La parità di trattamento non sempre riconosciuta, il rinnovo del contratto collettivo scaduto nel 2021 che ancora non arriva, il rischio di pagare il prezzo delle riorganizzazioni aziendali. Oggi incrociano le braccia per lo sciopero nazionale anche i lavoratori in somministrazione, una delle forme più ibride sul mercato di lavoro, che però continua a crescere, e presenta numeri di occupati raddoppiato in provincia di Lodi in 10 anni. I lavoratori assunti a tempo indeterminato dalle agenzie di somministrazione lavoro e «prestati» alle aziende clienti sono nel Lodigiano 2mila 258 al 30 giugno, in crescita rispetto ai 2mila 133 del 2023. Nel 2013, a 10 anni dalla sua istituzione, erano 1.163, con picchi di alti e bassi corrispondenti alle varie modifiche normative del legislatore, tanto che nel 2015 avevano toccato i 2mila 044 per scendere a 1.381 l’anno successivo anche in ragione di alcune operazioni straordinarie di importanti aziende del territorio. Da lì in poi è stata una sostanziale costante salita con qualche consolidamento. I somministrati sono maggiormente impiegati sul territorio nell’industria chimica con 447 lavoratori, in quella elettrica con 347, in quella dei metalli con 176 e ancora, con più di 100 impiegati, nella gommaplastica, nel commercio, e infine nell’informatica e nei servizi alle imprese. Le elaborazioni sono della Nidil Cgil, categoria nata proprio per le nuove forme di lavoro.

«Anche se è un diritto difficile da esercitare, pure i somministrati sono interessati dallo sciopero – spiega Eugenio Vicini, segretario Nidil Lodi -. Oggi i lavoratori in somministrazione sono quelli che rischiano di pagare le riorganizzazioni aziendali, perché le imprese scaricano su di loro, spesso senza tutele, quelli che sarebbero esuberi. Nel territorio abbiamo diverse imprese virtuose, che usano la somministrazione come carta d’entrata in azienda e poi seguono un percorso di stabilizzazione, ma ci sono anche importanti aziende che fanno stabilmente ricorso a un numero elevato ed eccessivo di somministrati». Il principio più disatteso è quello della parità di trattamento, perno della somministrazione: «Lo riconosce il contratto collettivo, quindi tutto quanto è dovuto ai lavoratori diretti delle aziende, in linea di massima è da applicare anche ai somministrati, compresi i premi di produzione, ma le imprese provano sempre ad aggirarlo – prosegue Vicini -. A livello nazionale siamo impegnati da tempo per il rinnovo del contratto collettivo, con una piattaforma che prevede miglioramenti economici, continuità occupazionale, potenziare gli ammortizzatori specifici, introdurre più tutele. Il tutto in un quadro normativo che non sempre aiuta, con il legislatore che spesso favorisce apertamente una maggiore precarizzazione del lavoro».

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