L’intelligenza artificiale e i risvolti sul lavoro nel Lodigiano: sono 13.035 i posti ad alto rischio
L’impatto delle trasformazioni tecnologiche sarà notevole
Sarebbero 13.035 i lavoratori lodigiani «ad alto rischio» per effetto della diffusione dell’intelligenza artificiale. È la stima contenuta negli allegati del rapporto del Centro studi della Confartigianato Imprese (la cui sintesi nazionale è stata pubblicata ieri e riferisce di 8,4 milioni di posti di lavoro a rischio) che analizza il grado di esposizione del mercato del lavoro ai sistemi informatici che simulano i processi di intelligenza umana.
I dati che riguardano le imprese lodigiane di ogni settore economico parlano di 49.440 posti di lavoro complessivi a rischio nei prossimi anni (lo studio non indica un termine temporale), dei quali 9.757 a «basso rischio», 26.648 a «medio rischio» e, appunto, 13.035 ad «alto rischio». Nel solo settore dell’artigianato i posti ad «alto rischio» (sul totale dei 49.440 di tutti i settori) sarebbero 3.056. E tra le micro piccole imprese fino a 49 addetti sarebbero (sempre sul totale dei 49.440 di tutti i settori) 8.027. All’interno di quest’ultima categoria - sempre con riferimento a Lodi e provincia - il 4,4% delle imprese ha già investito sui sistemi di intelligenza artificiale, mentre il 12,2% intende investire (nell’intera Lombardia il 9,8% ha già investito, il 17,2 intende investire).
Lo studio della Confartigianato ci dice che a livello nazionale «il 36,2% del totale degli occupati subirà l’impatto delle profonde trasformazioni tecnologiche e dei processi di automazione» e che «stanno peggio di noi Germania e Francia, rispettivamente al 43% e al 41,4% di lavoratori in bilico, e il Lussemburgo con addirittura il 59,4%, seguito da Belgio al 48,8% e Svezia al 48%». In particolare, evidenziano gli estensori del rapporto, «l’espansione dell’intelligenza artificiale insidia il 25,4% dei lavoratori in ingresso nelle imprese nel 2022, pari 1,3 milioni di persone, e per le piccole imprese fino 49 addetti la quota è del 22,2%, pari a 729.000 persone».
Il rapporto annota anche come il 6,9% delle piccole aziende (rispetto al 4,6% della media europea e al 3,5% della Germania) utilizzi già i robot (un ulteriore 13% prevede di effettuare nel prossimo futuro investimenti nell’intelligenza artificiale); e come tra le attività lavorative a minor rischio vi siano quelle con una «componente manuale non standardizzata».
«L’intelligenza artificiale - commenta il presidente nazionale della Confartigianato Imprese, Marco Granelli - è un mezzo, non è il fine. Non va temuta, ma va governata dall’intelligenza artigiana per farne uno strumento capace di esaltare la creatività e le competenze, inimitabili, dei nostri imprenditori. Non c’è robot o algoritmo che possano copiare il sapere artigiano e simulare l’”anima” dei prodotti e dei servizi belli e ben fatti che rendono unico nel mondo il made in Italy».
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