Alla Luna di Marudo, dal “cuoco contadino”

Tappa all’agriturismo della famiglia di agricoltori lodigiani Toninelli

Ilenia Toninelli - della nota dinastia di agricoltori, che tra Pieve Fissiraga, Marudo, Valera Fratta hanno scritto memorabili pagine bucoliche ed agresti - mi guarda con fare se non sospetto, certamente guardingo: credo che raramente le sia capitato un interlocutore che pone un’infinità di domande, e se solo potesse, svicolerebbe; i suoi occhi, tuttavia, di un verde trasparente, qualcosa che scalfisce quel suo fare così spiccio e concreto volgendolo su ipotetici orizzonti, astratti e poetici, dissimulano un evidente desiderio di sorridere: si intuisce che le mie domande, sotto sotto, la divertono, quasi volesse a sua volta sfidarmi: vediamo adesso dove va a parare questo qui, sembra dire.

Mi offre un gelato: buonissimo, curato nei dettagli, il biscottino obliquo e coriandoli di cioccolata, sul bianco del latte, che non sono disseminati con casualità, ma con ragionata grazia.

Finchè possibile sediamo sotto l’ampio porticato dell’agriturismo “Luna”: io sono col mio amico Giuseppe Traversoni, che, riguardo al cibo, ambisce a pieno titolo all’accademica cattedra di professorone dell’enogastronomia lodigiana, un giorno, riguardo alla tavola, lo nomineremo ambasciatore del territorio, ne sono certo. È il primo ad intuire che l’aria sta cambiando: s’alza il vento, si abbruma di piombo il cielo, pochi minuti dopo sventaglia pioggia, raffiche violentissime, le parole annegano dentro l’acqua, occorre riparare dentro, lì dove una volta era ubicata la stalla, e adesso vi è una bellissima sala ristorante, ricca di particolari agricoli.

Ilenia, da quanto esiste a Marudo l’agriturismo Luna?

«Dal 2004, da quando cioè abbiamo ristrutturato il primo ambiente di questa corte. Dieci anni dopo abbiamo rinnovato la zona del mangimificio e successivamente quella esterna».

Siete, a quel che so, un’azienda estremamente versatile.

«Vero, abbiamo volutamente scelto la multifunzionalità: qui da noi si svolgono tante cerimonie famigliari, durante la settimana siamo aperti per i pranzi di lavoro, e la gente sembra gradire la nostra cucina, perché poi i lavoratori nel week end tornano con le proprie famiglie, così il venerdì ed il sabato sera apriamo il locale, certe volte, su prenotazione, anche la domenica sera».

Ma lei sa perché sono qui?

«Francamente, no! So che ha chiesto di parlarmi, ma non ne conosco le ragioni».

Sono qui per approfondire la vostra cucina.

«Ma i piatti non li faccio io. Abbiamo un cuoco contadino, è lui il vero artefice. Per piacere, non lo chiami chef che monta su tutte le furie: fondamentalmente, Daniele è un contadino che sa cucinare, porta i prodotti della campagna sulle nostre tavole. Certo, io lo indirizzo, le scelte sono fondamentalmente le mie. Per la serie, io creo e lui esegue, ma non lo scriva, altrimenti si arrabbia!».

Da cosa si parte?

«Direi, intanto, dalle materie prime. Noi abbiamo una porcilaia con 25mila maiali: qui macelliamo, produciamo e stagioniamo gran parte dei nostri prodotti. Quindi come antipasto potrei proporle un piatto dei nostri salumi con lo gnocco fritto».

Ilenia, salumi è troppo generico.

«Crudo, coppa, pancetta, salame. Il mio preferito? La coppa, anche questa fatta da noi».

Qual è il segreto dei vostri salumi?

«Il giusto equilibrio tra grasso e carni magre. Il nostro salame è fatto solo con sale e pepe, di pasta dura. E poi un norcino d’eccellenza: ha 72 anni ed è un autentico maestro artigiano. Può sembrarle marginale ed invece è fondamentale la nostra cantina, col pavimento di mattoni autentici e l’umidità adatta: mi creda, fa tantissimo. In questo piatto va considerata la nostra giardiniera che, modestamente, è molto gettonata e che ben si accompagna ai salumi».

Com’è fatta?

«In che senso?»

Come si prepara una giardiniera gettonata?

«Noi sbollentiamo le verdure, tutte in tempi separati, in aceto e vino, mischiati, sì, sì, il vino è quello nostro. Poi aggiungiamo aromi, olio, e quindi chiudiamo il preparato in un barattolo anche per due anni, dipende da come si desidera la croccantezza delle verdure».

Ma che verdure si scelgono?

«Quelle che sono disponibili: cavolfiore, peperone, fagiolini, finocchio, carote, le cipolle, il cavolo romanesco».

Le melanzane?

«No, quelle mai, diverrebbero troppo molli. Le zucchine? Meno che mai!»

Passiamo ai primi?

«Poche proposte, ma eccellenti: il risotto, le tagliatelle ed il raviolo».

Risotto come?

«Di vari tipi, ma il mio preferito è quello con la pasta di salame, con zafferano e vino rosso. Come riso usiamo il Carnaroli, prodotto da noi, e che non ha la tendenza a scuocere».

Io però amo i ravioli.

«I nostri sono quelli classici, ricotta e spinaci. Pur avendo le vacche, la ricotta e i formaggi non sono prodotti da noi non avendo il caseificio; il latte, infatti, lo conferiamo alla cooperativa Santangiolina. Però visto il suo amore verso i ravioli devo avvisarla di una cosa».

Cioè?

«Noi non abbiamo un menù fisso. Andiamo a ruota di ciò che offre la campagna. Non sarebbe neppure giusto parlare di stagionalità, ma proprio di settimane».

Invece, come secondi, cosa mi propone Ilenia?

«Ovviamente le nostre grigliate: con maiale, salsiccia, paillard, costine, un piatto poliedrico ed invitante. Oppure il cosciotto del maialino arrosto. O ancora la faraona, o un buon pollame, ma questi ultimo sono piatti che la gente mangia già a casa. I secondi sono arricchiti da un contorno, per lo più patate al forno, oppure polenta, con mais macinato da noi. Lei ama i ravioli ed io amo la polenta: la facciamo sempre, estate e inverno».

Dolcettino?

«Ha già assaggiato il nostro gelato, come le è sembrato? Noi utilizziamo una vecchia macchina ritirata da una storica gelateria di Pavia: per me, anche questa garantisce la riuscita del gusto».

Ma voi Toninelli siete quelli del vino, giusto?

«Sì, un ramo di famiglia. Quindi sulle nostre tavole arriva il vino di famiglia».

Lei mi parla con molta passione del suo lavoro. Ma cos’è la cosa che maggiormente le piace di questa attività?

«Personalizzare, anche le atmosfere. Mi piace il momento in cui i clienti diventano nostri ospiti e si affidano a noi, Rendere unica, a qualunque titolo, la loro permanenza da noi».

È bella questa attenzione.

«Abbiamo un motto: non abbiamo le stelle, ma abbiamo le stalle».

Tradotto?

«Non saremo una realtà stellata, ma siamo un luogo autentico, legato alla terra ed alle nostre tradizioni. Le nostre porzioni sono generose. Abbiamo anche uno spaccio per comperare i nostri prodotti offerti in vasetti».

A chi sente di dovere dire grazie per questo successo?

«Sicuramente a mio papà, Franco, che ancora oggi mi aiuta tantissimo riguardo a tutti gli aspetti tecnici, lui tenacemente segue la campagna e le semine. Mia mamma Pinuccia si occupa invece delle scolaresche in quanto qui siamo pure fattoria didattica».

Altri aiuti dalla famiglia?

«I miei fratelli Massimo e Pietro sono rispettivamente impegnati il primo sugli impianti biogas ed il secondo per ciò che concerne l’amministrazione. Mio zio Antonio si occupa della stalla, mio zio Giuliano è il maestro cantiniere».

Ilenia, non smette di piovere, e fra poco sarà l’ora di cena!

«Oggi la sala ristorante non è in funzione, ma può attingere dalle nostre conserve. E abbiamo anche 8 appartamenti, si tratta di bilocali: qui infatti facciamo anche pernottamento. Ma tra poco vedrà che verrà fuori l’arcobaleno».

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