Il tempio del cioccolato nel centro di Codogno

Il laboratorio-negozio “180 Store” nasce come evoluzione di un progetto sociale

Non può essere un caso. Nel negozio “180 Store” di Codogno, in via Alberici, una traversa del corso principale, entra dapprima una giovane donna. Dice che ha una cena tra qualche ora, e che ci tiene a fare bella figura, e quindi è passata a prendere le praline al cioccolato.

Poi accede una coppia di coniugi: lui dice che il cibo è una delle buone cose rimaste nella vita e che cede al vizio del gusto: così, immancabilmente, viene in quel negozio.

Arriva un’altra coppia: anche questa, in serata è ospite a Milano, e i padroni di casa si sono raccomandati di portare il dolce della volta precedente, quei cioccolatini così buoni, tanto particolari, quelli fatti a Codogno.

Filippo Mazzocchi, giovane presidente tuttofare della So.Ciok (è nato nel 1990), disquisisce con i clienti in dotte osservazioni: ad ascoltarlo viene già il desiderio di assaggiare quei dolci, a vederli poi l’equilibrio vacilla, mi sforzo di essere indifferente, chissà se poi me ne offre uno.

Filippo Mazzocchi, eppure questo cognome non mi è nuovo…

«Sul territorio è abbastanza diffuso. Sono originario di Bertonico e provengo da una famiglia di origini agricole. Io stesso ho lavorato in quel ramo, inizialmente».

Dall’agricoltura al dolciario, passo lungo! Come è nata la So.Ciok?

«Intanto il progetto originario, inizialmente diverso, è sorto nel 2019 da un’idea della Fondazione Amici di Sissi ETS (ente del terzo settore, ndr). Questo ente, infatti, ha vinto un bando promosso dalla Fondazione Cariplo, dalla Fondazione Comunitaria della Provincia di Lodi, dalla Fondazione Cattolica e dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano; quindi ha creato il marchio «180 – a noi il cioccolato fa impazzire». In questa realtà sono stati inseriti anche ragazzi con fragilità».

Hai usato l’espressione originariamente, poi cosa è accaduto?

«Gradualmente abbiamo sviluppato il progetto, ma la Fondazione Amici di Sissi ovviamente non persegue precipuamente l’obiettivo della produzione della cioccolata e, quindi, ha ceduto l’attività del marchio «180».

Una svolta importante.

«Sì, ma è rimasto comunque forte il legame con la Fondazione Amici di Sissi che ci aiuta nel mantenere l’obiettivo della missione sociale, vale a dire l’inserimento di persone con fragilità. Tanto che in So.Ciok, fra i soci, è rimasto Paolo Badini, che è il responsabile della Fondazione Sissi. Poi ci sono Federica Zacchetti, che è la nostra maestra cioccolatiera, e Marta e Vanna che lavorano in negozio. Quindi, ci sono alcuni ragazzi: Stefano, Sebastian e Valentino, chi lavora in negozio, chi in laboratorio e chi al confezionamento».

Quindi oggi la So.Ciok srl come è possibile definirla?

«Quale piccola media impresa: vanta un’attività di laboratorio per la produzione del cioccolato e due negozi commerciali, uno a Codogno e l’altro a Piacenza. Presso quest’ultima abbiamo anche il servizio di caffetteria e d’estate una gelateria».

Il negozio mi sembra frequentato.

«Sì, ma la nostra è una rete eterogenea di clienti: abbiamo una rete di aziende, ristoratori, privati, ed anche hotel. La struttura commerciale la stiamo costruendo con varie realtà del terzo settore».

Non capisco il discorso sugli hotel: in che senso?

«Utilizzano i nostri cioccolatini come cadeaux di benvenuto per i propri clienti. Il cioccolato rappresenta un momento di felicità, di benessere, e comprensibilmente la struttura alberghiera vuole garantire l’accoglienza al cliente sin dal momento in cui entra nella propria camera».

Come si è sviluppata la produzione?

«All’inizio stavamo su una linea tradizionale, con le linee classiche insomma: il cioccolato fondente, quello al latte e le barrette. Poi, col crescere dell’esperienza, abbiamo cominciato a proporre qualcosa di più elaborato: per esempio, le scorzette di frutta, arancia, mango, zenzero, ricoperte al cioccolato, oppure i mendicanti».

Cosa sono, scusami?

«I mendicanti sono dischetti di cioccolata fondente con sopra adagiato un mix di frutta secca. Infine, nella nostra nuova linea, quello che oggi è richiestissimo dalla nostra clientela, non sto neppure a dirlo…».

Le praline, l’ho compreso dalla richiesta degli avventori

«Uomo attento! Ne abbiamo almeno 25 tipologie. Abbiamo cominciato con quelle al gusto di pistacchio, poi nocciola, caramello salato, caffè, torrone, e via via gusti molto particolari: assaggia, per esempio, quello al panettone, eh, che ne dici?».

Insomma, avete preso la sperimentazione sotto braccio

«In un certo senso. Da settembre del 2023 abbiamo intrapreso anche un’altra innovazione e privilegiamo la fava tonka, ricoperta con vaniglia, o al cioccolato al gusto di arancia, con elio essenziale al rosmarino, o con una spolverata di pepe del Madagascar. Una nuova frontiera l’abbiamo avviata con i dragees».

Andiamo sul complicato.

«Ma dai, è semplice: sono le nocciole, o i chicchi di caffè, o le mandorle salate, persino i pop corn, ricoperti di cioccolata. Vuoi assaggiarne qualcuno?».

Qual è la maggiore ambizione della So.Ciok, oggi?

«Avere una linea identificata per la cioccolata da noi prodotta. Siamo andati a Parigi, a studiare presso un’azienda leader del settore, con l’obiettivo di creare una nostra selezione: il «180», fatto con un mix di fave prodotte in Tanzania e nel Madagascar e nelle isole di Sao Tomè».

Il vostro deve essere allora un laboratorio molto creativo. Come funzionano i processi creativi?

«Noi importiamo il cioccolato a callettes, cioè a piccole gocce piatte. Quindi, questi strani confetti vengono messe nella temperatrice, che serve a mantenere il cioccolato ad una temperatura ideale, differente a seconda se si vuole quello a latte o quello fondente; questa apparecchiatura garantisce anche una caratteristica lucida del prodotto; a fine lavorazione, il cioccolato si scioglie completamente, come l’immagine di quelle fontane liquide, che avrai visto sicuramente, insomma un magico flusso fluido continuo».

La temperatrice è l’unico macchinario che si utilizza in laboratorio?

«Assolutamente no: abbiamo anche la bassina che ci permette di modellare i dragees: è come una piccola betoniera e garantisce la sfericità alla frutta secca ricoperta; poi, ma si tratta di altro genere, abbiamo gli stampi, fatti in policarbonato, secondo le sagome che vogliono darsi ai prodotti».

Il cioccolato è un dolce o anche un cibo in senso lato?

«Fa parte della grande categoria dei tostati, insieme al caffè e all’arachide, può essere il protagonista, ma anche un contorno: il cuore di un piatto è rappresentato da un mix di sapori e il cioccolato fa da guscio, come per le praline».

Lo si utilizza in cucina, come ingrediente per altre pietanze principali?

«Ovviamente. Ad esempio, mischiato con la farina, per fare dei tortelli; oppure grattugiato su una tipologia di carne, proprio perché è un tostato».

In che senso usi l’espressione tostatura?

«Comprendi il concetto di tostatura, quando il palato incontra l’olfatto, e ne percepisci il profumo caldo ed accogliente. Noi, comunque, il cioccolato lo lavoriamo nella sua purezza, nella sua integrità».

L’abbinamento col vino è possibile?

«Noi abbiamo fatto una degustazione con il vermouth, ma è chiaro che quest’ultimo deve avere caratteristiche particolari. Un altro accostamento, che può sembrati bizzarro, lo abbiamo fatto con un grana padano di 14 mesi ricoperto al cioccolato».

Ma no!

«La gente, alle Forme del Gusto di Lodi, lo ha molto apprezzato. Però va ancora perfezionato, solo che noi ci tenevano in quell’occasione ad esaltare i prodotti del territorio. Insomma, il cioccolato è duttile. Hai mai assaggiato una fragola interamente ricoperta di cioccolato? Buonissima! E poi abbiamo anche alcuni prodotto con creme spalmabili, alla nocciola, al cioccolato, al pistacchio, su una bella fetta di pane, sai che merenda gustosissima che ne viene fuori. Provare per credere!».

© RIPRODUZIONE RISERVATA